"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

mercoledì 29 settembre 2010

Autunno


Le foglie si ingialliscono e cadono, piano piano. I fili della luce si riempiono di uccelli migratori che tra qualche settimana partiranno per i PaesiCaldi. Le giornate si accorciano. L'aria è frizzante. Presto ci saranno molti giorni di pioggia, di neve e di nebbia. La natura diventerà più grigia e scura per un po'.
Ma ci saranno i giorni di sole; e saranno più rari, ma proprio per questo più preziosi. E allora, pensa al sole, lettore, nei momenti di malinconia. Pensa che lui sopra tutte le nubi splende. Sempre.

domenica 26 settembre 2010

Di nuovo

E ti ho sognato, stanotte. E stavi morendo, di nuovo. Eravamo nel salottino della taverna, seduti sul divano con la coperta a fantasia scozzese, come al solito; e sfogliavamo insieme un album di fotografie. E poi mi hai abbracciata come solo tu sapevi fare. E poi mi hai guardata. E poi ho capito. Ho capito che non c'era nient'altro da fare se non lasciarti andare. E poi hai chiuso gli occhi. E poi... Ma loro non c'erano, stavolta, a rovinare tutto. Non erano lì, pronti per mandarmi via, per eliminarmi dalla scrittura dell'ultima riga del tuo libro. Loro non c'erano, perchè non c'erano mai stati neanche prima, perchè ti hanno sempre detto che eri fuori con la testa. E invece io sì. Ero lì, nel mio piccolo. Ho fatto il possibile, nel sogno come nella realtà, per tenerti in vita ancora un po', ma non ci sono riuscita. E poi un pomeriggio di pioggia buio, scuro, e le rose rosse. E il cappello, i pennelli che avrei voluto che ti portassi dietro. Ma adesso hai pennelli più belli, colori più sgargianti dentro i tuoi barattoli. Nei giorni di acuta malinconia mi illudo che il tramonto sia il tuo capolavoro più bello, nonno.

sabato 25 settembre 2010

Che bello risentirti...

La mia amica Francesca, qualche settimana fa, è ritornata a casa. Due mesi in Paraguay per il tirocinio dell'università in un villaggio sperduto che neanche il preparatissimo Google maps conosce. Un posto in mezzo al niente, mi ha detto ieri per telefono. La cittadina più vicina (neanche quella segnalata su Google) a 22 chilometri, dotata, addirittura, di una discoteca (uno stanzone tipo oratorio con quattro casse e un tavolino di plastica della CocaCola). Ovviamente il cibo era più che scadente, da bere acqua piovana che usava anche per lavarsi. Non puoi mica aspettarti che nel mezzo della foresta ci sia un hotel a 3 stelle! Io sono rimasta ammutolita quando me l'ha detto. Però si è divertita come non mai, ha lavorato nella piccola scuola del villaggio, ha visto il tramonto vicino alle cascate in mezzo al verde più verde, ha conosciuto la solidarietà più semplice, ha visto una farfalla molto grande. Per questo non è potuta partire con me ad agosto. Lei era lontano, dall'altra parte del mondo. Così io le ho parlato di quanto lei e l'altra nostra amica, Valentina (particolare fondamentale: io, Francesca e Valentina ci siamo viste tre volte se è tanto, di cui la prima due anni fa sul treno dell'UNITALSI; l'anno scorso ci siamo ritrovate nella stessa stanza per puro caso e per puro caso a svolgere lo stesso servizio. Gran belle donnine queste due amiche.), mi siano fisicamente mancate, di quanto la notizia della loro assenza, seppur per motivi diversi, mi avesse destabilizzata... Capita anche questo. Una buona ora al telefono a parlare dei nostri viaggi, così diversi ma così incredibilmente simili. E' stato terapeutico. Avevo voglia, veramente, di risentire la sua voce dopo tanto tempo, di sorridere per il suo accento diverso dal mio. E' stato come quando, l'anno scorso, prima di dormire, a luci spente, ci raccontavamo esperienze di vita. Eppure all'inizio (primi dieci minuti di conoscenza) non l'ho trovata per niente simpatica. Però poi... inseparabili. Scriccioletto tutto pepe lei, abbracci&coccole io (e miss cenerentoladicartone Valentina).
Ci vuole. Ci vuole una persona così vicino.
Anche se abita lontano.
E alla fine della telefonata... lacrime. Di gioia.

giovedì 23 settembre 2010

Per Giove! Ecco Giove!


Ho visto anch'io Giove, ieri sera. "A sinistra in basso" rispetto alla Luna (una meravigliosa Luna), come ci ha detto la prof di chimica. Eccolo, un puntino più luminoso di tutti gli altri; il pianeta più grande del nostro Sistema Solare, il gigante che ha il nome del più grande tra i numi romani. Lui si è fatto vedere a noi, che molto probabilmente non toccheremo mai il suo suolo... il prossimo appuntamento è per il 2022!!!

mercoledì 22 settembre 2010

Ciao Sandra

...e se n'è andata anche Sandra, ieri. E' un po' strano che anche le persone che sono dentro alla televisione muoiano. Le vediamo tutti i giorni, lì dentro, "inscatolati". A poco a poco, senza neanche accorgerci, entrano a far parte delle nostre vite, delle nostre famiglie, anche se, di fatto, non li abbiamo mai visti di persona. Sono sempre stati dentro al televisore in salotto... la morte di uno di loro ci fa capire che, nonostante tutta la finzione possibile, coloro che lavorano lì sono persone vere, in carne ed ossa, e non semplici "segnali luminosi". Inutile dire che quando il tg mi ha annunciato la morte di Sandra sono rimasta senza parole... è stato come se fosse morto il vicino di casa più caro, quello che abita nell'appartamento accanto. Quello che sai per certo che c'è perchè senti la musica alta ma che non incontri mai nel giro scale o alle riunioni di condominio perchè è sempre impegnatissimo. Quello che ogni tanto per scusarsi ti lascia un biglietto sotto la porta per scusarsi e ti strappa una risata perchè non hai mai avuto un vicino così. Non se rendo l'idea.
Mi solleva il pensiero che adesso non è più sola, Sandra. Chissà, che gioia quando ha rivisto Raimondo...
Voglio immaginarla così, mentre sgambetta sul suo nuovo lettone di nuvole accanto al marito. Sorridente, furbetta, bella. Per sempre.

lunedì 20 settembre 2010

...ci vuole un fiore.

"Per fare un tavolo, ci vuole il legno..." nel viaggio in corriera che mi riporta a casa l'mp3 mi ha cantato questa bellissima canzone... un ricordo della festa degli alberi alle elementari festeggiata ogni anno il primo giorno di primavera. Ogni classe piantava un albero nel giardinetto della scuola e poi il bidello Franco se ne prendeva cura e pian piano l'albero cresceva. Qualche giorno fa metre passavo davanti alla mia vecchia scuola ho rivisto l'albero della "mia" 4^A: è diventato grande, la sua chioma si sta ingiallendo per l'arrivo dell'autunno. L'aver rivisto il mio albero e l'ascolto della canzone mi hanno permesso di riflettere... Diventare grande, mettere radici, far nascere fiori, foglie e frutti... Ma al di là di questo... è proprio vero che "ci vuole un fiore". Ci vuole un fiore per fare pace con la vicina di casa, per congratularsi per la nascita di un nuovo uomo, per ringraziare per aver ricevuto qualcosa di bello, per il compleanno, per "non andare a mani vuote" dall'amica di mamma, perchè un fiore non stanca mai. Un fiore è una cosa semplice, e io penso che sono le cose semplici a riempirmi il cuore... Un pezzetto di cioccolata, una telefonata, un messaggio inatteso, incontrare qualcuno che non vedevi da tanto, una divisa, un pomeriggio in biblioteca, una risata con gli amici, un'interrogazione discreta, suonare, la musica di Bach mentre studio... cose così.
Io scelgo la semplicità.
Scelgo un vasetto di margherite.

Oggi sposi


A Roberta e Riccardo: Auguri, con tutto il cuore.

mercoledì 15 settembre 2010

Una lacrima sul viso

La chiesina dell'ospedale, prima delle prove del martedì ha un clima meraviglioso. Raramente incontro qualcuno, raramente qualcuno passa per accendere una candela. E' il cantuccio mio, il mio angolo di mondo. Vado presto apposta per leggere, per studiare in pace per scaldare lo strumento.
Così sono cominciate le prove. Fra baci, abbracci, non ho visto né tromba né violini. Che peccato... Il direttore, a nome di tutto il coro, mi ha regalato dei cd di James Galway, il mio flautista preferito. All'inizio l'ho preso come un gesto per sedarmi, poi però ho cacciato via questo pensiero cattivo e mi sono goduta il momento. E' stato bello, inutile dire di no, mi sono sentita coccolata, importante, fondamentale. I soprano hanno imparato a seguire il maestro e contralti, i miei contralti, sembra che non abbiano fatto altro che cantare per tutta l'estate: sono bravissimi! Suonare con loro ieri, è stato un momento di musica davvero magico... sentire il coro cantare, tutti insieme, precisi, pultiti, vedere le mani del direttore tracciare in aria strani disegni, e poi scherzare con l'organista e prendere il flauto e soffiare... bello.
Commovente.
Infatti a metà di In dulci jubilo mi si sono inumiditi gli occhi.
Per la musica non c'è stata mai lacrima più bella.

sabato 11 settembre 2010

Buon anno scolastico, con tutto il cuore

Le vacanze sono davvero finite. Domani si ricomincia! Ho paura, ma sono anche curiosa di vedere come andrà quest anno. Quest anno ci hanno buttati nella sede più lontana dal centro (per la cronaca: il mio liceo ha tre indirizzi, classico, scientifico e sociopsicopedagogico e ha sedi sparpagliate per tutta la città) e non sappiamo SE arriveremo a scuola e QUANDO arriveremo... Forse ci converrà prendere in affitto un appartamento vicino a scuola... Scherzi a parte.
Ci saranno dei cambi nel nostro consiglio di classe.
L'ora di arte, che l'anno scorso era un'ora di filosofia perchè costantemente tutti ripassavamo/studiavamo per il compito dell'ora successiva, sarà un'ora di arte vera. Dai racconti dei compagni più grandi infatti, abbiamo sentito che la prof che avremo non scherza affatto e fa fare verifiche e interroga costantemente; insomma, non come la santa donna che avevamo l'anno scorso che ci faceva fare gli approfondimenti su qualsiasi cosa ci interessasse. Da un estremo all'altro.
Cambiamo l'insegnante di latino e la prof di greco ci insegnerà entrambe le lingue. Qui la classe si divide: alcuni dicono che almeno prima una chiacchierata ogni tanto la si poteva fare, gli altri invece pensano che si lavorerà in un clima più sereno. Personalmente non so che clima sereno abbiano visto i miei compagni l'anno scorso... mi piace il metodo di lavoro della prof di greco: niente sotterfugi, tutto alla luce del sole, infinite parentesi culturali, certo. Ma ci son sempre quei due occhi quasi fuori dalle orbite che ti scrutano in una maniera impressionante; una così mi intimorisce un po', sinceramente.
E poi al posto della prof di matematica dell'anno scorso che è andata in pensione ne arriva un'altra, che dicono sia la migliore amica della prof di chimica. E qui tutti temiamo il peggio, perchè se è come la Fulvia allora siamo alla frutta. Dato che noi lo scorso anno di matematica abbiamo fatto molto poco e quel molto poco lo abbiamo fatto anche molto male noi ci aspettiamo una catastrofe, una marea di 4 che potrebbe fare di Venezia la mitica città di Atlantide: un mito sommerso per sempre.
Cambio di guardia anche per la cattedra di tedesco. Grati per tutto quel che ci ha insegnato siamo contenti di non aver più a che fare con un'incognita vivente. Quella prof arrivava in classe e non sapevi mai cosa aspettarti. Guai a chiederle "Prof, cosa facciamo?" perchè lei non rispondeva mai. Al limite spostava i banchi e allora capivi: compito a sorpresa. O chiudeva i libri: interrogazione a sorpresa. E quando diceva "Gehen wir ins Labor!" capivi e non avevi paura. Perchè non bisogna avere paura del laboratorio, ma di quello che ci potevi fare, in laboratorio: compiti di ascolto a sorpresa. Abbiamo vissuto così per tre anni e nonostante tutto siamo bravetti in tedesco (perfino io che alle medie ho studiato francese e per le lingue non sono proprio portata) siamo anche molto curiosi di vedere il faccino del/la nuovo/a Leher/in e la sua reazione quando gli/le diremo che l'altra non ci ha lasciato nulla da fare per l'estate.
Insomma, rimangono i fedelissimi: il prof di storiaefilosofia, la prof di italiano, ingliscticciar e la prof di scienze... è ancora domenica e io già temo le sue domande sbombardella che ti fan venire la cachessite acuta. Perchè va così... se ti piace una della sue materie, chimica o biologia, (io ad esempio penso che biologia sia affascinante), lei trova il modo per fartele odiare. Per carità, si vede che è interessata e spiega con passione ma io non posso vivere nel terrore di una domanda a bruciapelo e del conseguente voto, non posso brancolare nel buio quando ti chiedo un chiarimento perchè non ho capito cosa dice il libro e tu mi dici che è "una roba... mollami!" , una cosa poco importante. Non posso tradurre quello che spieghi in dialetto perchè poi io lo devo studiare in italiano. Spiegami, per favore; possibilmente con un linguaggio adatto al luogo in cui siamo.Insegnami come si fa, insegnami cos'è. Te lo chiedo perchè questa cosa mi interessa davvero, non per perdere tempo.
Al di là di questo.
Studiare rende liberi, ti permette davvero di vedere la bellezza di tutto quello che hai davanti perchè la cultura è un piacere personale. Ma cortesemente, insegnante che hai letto fino a qui, non incutere troppo terrore nei tuoi allievi. Incutine la giusta dose. Un po' va bene perchè altrimenti non studiamo, ma non eccedere, altrimenti odieremo la tua materia e studieremo solo per arrivare a 6 e non perchè ci interessa veramente. Insegnaci che è vero che nella vita non parleremo mai più di Socrate o degli isotopi dopo questa interrogazione, ma insegnaci anche che Socrate e gli isotopi ci permetteranno di capire un po'meglio il mondo che ci circonda; insegnaci la bellezza, la passione, l'impegno. Insegnacelo e credici anche tu.
E quindi. Studente svogliato, insegnate con la luna storta, primo della classe, professore pieno di buoni propositi, preside con mille impegni e bidella occupata nella lettura di Novella 2000: buon anno scolastico, con tutto il cuore.

11 settembre


...un ricordo... e la speranza che non succeda mai più.

Paris Montmatre

Ieri a prove con la banda abbiamo rispolverato una parte che mi piace moltissimo: Paris Montmatre. Si tratta di un insieme di canzoni francesi: Sous le ciel de Paris, Moulin rouge, La vie en rose, Les feulles mortes, C'est si bon. L'arrangiamento di Toshio Mashima che abbiamo è abbastanza semplice. Questo brano mi piace perchè mi porta con la mente a Parigi, città che sogno di visitare da quando alle elementari ho fatto una ricerchina sulla Francia. Davanti a me vedo la candida basilica del Sacro Cuore, la Tour Eiffel, i giardini di Lussemburgo, il Louvre, l'Ile del la cité... mete immancabili per ogni turista che si rispetti che visita Parigi. Ma nella mia fantasia trovano posto anche il mercato delle pulci, il profumo di una boulangerie, i carboncini dei rittrattisti lungo la Senna, la musica di una fisarmonica all'angolo di una strada, i cioccolatini in una pasticceria nascosta, le luci della notte, il traffico...
Si può avere nostalgia di qualcosa che non si ha mai provato? Forse sì... io ho nostalgia del tramonto che non ho ancora ammirato appoggiata al parapetto di pont Neuf... http://www.youtube.com/watch?v=xCyY_eGmpqA&feature=related

venerdì 10 settembre 2010

Come una farfalla...

Ecco uno stralcio dell'intervista di Lisa Genova (scrittrice, scienziata di grido della Harvad) tratta da "D", settimanale di Repubblica. Titolo del suo libro: "Perdersi" (edito Piemme), che ha scritto dopo l'esperienza di malattia della nonna "per capire cosa si prova esattamente con l'Alzheimer". Anche mio nonno ha avuto l'Alzheimer, quindi questo è un pensiero anche per lui, una richiesta di perdono per non aver capito davvero la sua sofferenza.

L'insegnamento più grande, da nipote più che da neuropsichiatra?
Ho imparato che noi siamo molto di più di quanto possiamo mai ricordare. [...] Ho imparato che spesso tendiamo a pensare: "Se mia nonna non può ricordare il nome di nessuno e non riconosce nessuno, neanche se stessa davanti allo specchio, se dimentica come si usa il bagno e perfino le parole, allora mia nonna non è più con noi". Non è così. Le ragioni per cui la mia famiglia l'ha amata sono scomparse forse per lei, ma non per i suoi familiari. [...] Sono certa che si sentisse amata anche quando è morta.
Quando perdiamo una persona cara dopo una lunga malattia, sembra che i nostri rimpianti crescano in modo direttamente proporzionale alla sua durata. Lei che rimpianti ha?
Il più grande rimpianto è quello di non aver imparato abbastanza sulla storia della nostra famiglia, prima che mia nonna non fossepiù in grado di raccontarla.
A parte la laurea ad Harvard cos'ha in comune con Alice, la protagonista del suo romanzo? Ha mai pensato di perdersi?
Comprendo perfettamente Alice nell'orgoglio per i successi intellettuali, nella tentazione di identificare la propria identità e il proprio valore in ciò che fa, più che nel tipo di persona che è. [...] Quando la malattia l'ha costretta a vivere in modo meno celebrale ed intellettuale, ha imparato a lasciarsi guidare dal cuore, più che dalla testa.
Anche la scienza oggi ha bisogno di più cuore?
Credo di sì. Prima che mia nonna si ammalasse, se qualcuno mi avesse chiesto di immaginarmi l'Alzheimer, avrei pensato ad una persona vecchia e sola in una casa di cura, morente e priva di memoria. [...] E' vero, l'Alzheimer è la morte. Ma che dire di quelli che ci convivono? Non abbiamo bisogno di immaginare le persone che vivono con la malattia, per arrenderci a essa. Perchè si tratta di persone che continuano ad avere bisogno del nostro amore.
Le malattie degenerative come l'Alzheimer sono in crescita e sono sempre più tema di film. Pensa che la ricerca stia facendo progressi più di carattere psicologico, divulgativo o farmacologico?
L'Alzheimer è in crescita per due motivi. Primo riusciamo a diagnosticarlo, mentre 30 anni fa lo chiamavano vecchiaia o arteriosclerosi. [...] Secondo, la durata della vita si è allungata. Quando si arrivava a malapena a 50 anni non c'era nemmeno il tempo per ammalarsi. Oggi gli scienziati sono in grado di comprendere le cause molecolari dell'Alzherimer e credo, spero, che arriveremo a trovare un trattamento farmacologico in grado di bloccare il progresso della malattia entro una decina d'anni. Molti test sono in ia di sperimentazione, ma dovremo aspettare ancora perchè siano efficaci e senza effetti collaterali.
Nonostante le difficoltà nel trovare un editore per il primo libro, visto il successo non avrà avuto problemi a trovarne uno per il secondo...
E' buffo. Non sono riuscita a trovare nessuno per un sacco di tempo. Perdersi me lo sono pubblicata da sola e tenevo copie nel bagagliaio della macchina. Ci è voluto un anno prima che Simon&Schunster ne acquistasse i diritti. E ha accettato di pubblicare il secondo, Left Neglected, dopo appena un mese, prima ancora di averlo letto.
Di che parla?
Di una donna alla fine dei suoi 30 anni che, come molte americane vuole ottenere una vita di successi multitasking: sul lavoro, a casa, in famiglia... Finchè un mattino, mentre si sta recando al lavoro in auto, una telefonata la distrae per un secondo di troppo. E in quel secondo tutte le voci della sua agenda iperogranizzata si arrestano: l'incidente le causa un trauma cranico che le lascia una bizzarra condizione chiamata "left neglected". A un tratto non capisce più il significato di "sinistra" e ogni lato sinistro di qualsiasi cosa per lei non esiste più. Nel periodo del ricovero deve imparare non solo a fare attenzione a tutto ciò che la sua mente vuole ignorare, ma anche ai veri desideri del suo cuore. E' una storia su quanto ignoriamo e tralasciamo in noi stessi, nelle nostre relazioni, nel mondo che ci circonda. E' una storia sull'imparare a vivere con maggiore semplicità prestando attenzione alle cose importanti.
In Perdersi lei usa spesso l'immagine della farfalla: come metafora di quale cambiamento?
In qualcosa che non dura. La maggior parte delle farfalle non vive più di una settimana, ma noi non pensiamo a loro come vittime di una tragedia. [...] Mi piace il simbolismo applicato all'Alzheimer: proprio perchè una vita si accorcia non significa che diventi tragica. E proprio perchè qualcuno con l'Alzheimer domani non potrà ricordare questo momento non significa che non sia mai esistito. O non abbia avuto importanza.

mercoledì 8 settembre 2010

Calore umano

A volte quello di cui abbiamo bisogno è solo un po' di calore umano. Va bene qualsiasi cosa... il sorriso della giornalaia quando le chiedi il Corriere, lo scambio di battute col vicino di casa, una risata al telefono con un'amica che non senti da tanto... cose così. Cose semplici che ti scaldano il cuore. Perchè spesso non chiediamo dichiarazioni d'amore eterno o promesse difficili da mantenere. L'importante è l'oggi, l'adesso, sotto questo aspetto. Non importa se domani non riuscirai a pensarmi o a mandarmi un messaggio. Basta che tu te ne ricordi ogni tanto, magari quando ascolti un po' di musica o vedi una calla. Se poi quando ci vediamo pensi che quello di cui ho bisogno è un abbraccio, allora fai pure. Un abbraccio non si nega. Ecco, qualche volta abbiamo bisogno di gesti d'affetto piccoli, semplici, genuini, autentici. Abbiamo bisogno del calore umano, del tepore così familiare per permetterci di continuare a camminare ancora. E se per caso non possiamo camminare mano nella mano, allora basta che tu sia lì accanto, amica mia: se avrò paura saprò dove trovarti.

martedì 7 settembre 2010

Tanto per essere chiari

No, parliamoci chiaro.
Se qualcosa non ti va bene è giusto che tu lo faccia presente; è giusto lamentarsene per trovare insieme delle soluzioni che possano mettere d'accordo tutti. Succede che all'interno di un gruppo, anche in un gruppo di volonariato, qualcosa vada storto, ci siano preferenze, egoismi... Non dovrebbero esserci, vero, ma siamo uomini e donne, non divinità. Perciò se ci sono comportamenti che ti offendono è giusto che tu lo faccia presente ai diretti interessati con le giuste maniere. Ripeto. Ai diretti interessati e con le giuste maniere. Il che significa non su un social network. Perchè sai com'è, rischi di offendere anche altre persone. E tu, mia cara, anzi, voi miei cari (perchè siete più d'uno) ci siete riusciti. E' stato triste leggere il vostro post in bacheca, sentirsi inseriti in quel "loro" non è stato affatto piacevole. E poi io non c'entro proprio niente. Quando cercavo di informarmi sul problema la vostra risposta è sempre stata: "sono cose vecchie, è un discorso ampio". Appunto, sono cose vecchie. E se foste coerenti con lo spirito di volontariato che tanto predicate, avreste chiuso la faccenda già da un bel pezzo, in nome di tutti quegli amici in carrozzina che ci guardano con occhi pieni di speranza, aspettando di ricevere da noi un goccio di affetto. Ve l'ho già detto più di qualche volta e domani quando ci incontriamo ve lo ripeterò. Mi siedo a tavola sia con voi che con il gruppo dei veterani, e non voglio, per questo, essere costretta a scegliere da che parte schierarmi, non è giusto. Se avete qualche problema con la dirigenza prendetevi due ore e andate in sede a discuterne. Forse sarà anche inutile perchè so che spesso i "grandi capi" sono irremovibili dalle loro posizioni. Ma questo non giustifica né voi né loro. Provate almeno a fare un tentativo e non limitatevi a criticare e basta. Anche perchè ai pranzi ci siete sempre e trovo un filino ipocrita il vostro comportamento: davanti, la bella faccina baci&abbracci e appena quello si gira, siete pronti a sparlare. Se avete un problema è giusto farlo presente, lamentarsi, a patto che questo porti qualche miglioramento. Oppure lamentatevi e levate le tende. Andate via, se non vi piace come si lavora. Ci sono sezioni dove il servizio è più piacevole? Benissimo; le porte, qui, sono aperte, sia per entrare sia per uscire.
Ma se decidete di restare, cortesemente, non criticate l'operato degli altri.
Grazie.

giovedì 2 settembre 2010

Egocentrismo, gelosia, mire troppo alte

Suonare con te, cara dottoressa, questa volta è stato diverso.
E so il motivo.
Tu mi hai dato in anteprima le parti che Carletto ci ha preparato per Natale.
E io ho la parte dei tenori.
Io.
Un flauto traverso che suona la parte dei tenori. Che per altro non abbiamo neanche.
Sai quanto si sentirà di quel che suonerò? Te lo dico subito: niente. Non si sentirà niente. Prova tu a suonare uno strumentino come il mio, con ben due violini, una tromba e l'organo che ti suonano sopra. Per non dimenticare i soprani, i contralti e bassi che, poveri, dovranno pur cantare, no? Non capisco questi cambiamenti; mi trovavo bene a seguire i contralti. Posso dire che li ho fatti crescere un po', li ho accompagnati nel gran mare pentagrammato dei brani natalizi e pasquali senza farli affogare. E adesso saranno seguiti da un violino.
Per non parlare della tromba. Già sono in pochi a cantare, la chiesetta dell'ospedale è piccola e per di più il trombettista fa parte della fanfara. Non è mica Pasqua! Copre tutti quanti, e se permetti il suo suono non si armonizza con i violini, con il tuo organo e con il mio flauto.
Quel che dovrò suonare si ridurrà a pochissime battute e allora mi chiedo perchè, musicalmente, suono ancora con questo coretto, perchè non vedo l'ora che comincino le prove. Mi sento un po' tradita, un po' messa da parte, ecco. Mi sembra che tanto lavoro, tanto entusiasmo, tanto impegno siano stati buttati all'aria da un direttore che sta calibrando la mira un po' troppo in alto senza rendersi conto delle effettive possibilità che ha.
Sto esagerando, Giuseppina, lo so, me lo dice il tuo sorriso da nonna che si fa sempre più dolce per calmare questi capricci.
E anche se quando ritorneremo ci saranno calorosi abbracci so che musicalmente non sarà più lo stesso. Perchè ci saranno altri strumenti ad andare in alto, a sostenere il suono dei miei contralti, ad aiutare i soprani a raggiungere il fa acuto. E io sotto, in ombra. A suonare per... per chi suono? Per nessuno. Sarò solo rumore. E da egocentrica quale sono permettimi di dire che sono un po' delusa da questo tipo di scelte.
La verità è che ho paura che questi cambiamenti possano stravolgere il rapporto che si è creato fra me e il resto del coro, fra me e te. Ho paura di entrare in chiesetta e non sentire più la voglia di suonare e di stare insieme. Ho paura che i nostri sguardi complici e le risate dietro i nostri rispettivi leggii siano solo un ricordo lontano. Ho paura che quei due violini prendano il mio posto nei vostri
cuori... Ho paura che i martedì non siano più i giorni, non tanto della bella musica o della musica di alta qualità, ma dello stare insieme semplicemente, cantando e suonando un po'. Ho paura che l'ora che passiamo insieme sia un peso aggiunto, un rospo da ingoiare, quando, almeno per quanto mi riguarda, fino ad ora è stata la mia oasi dal peso della scuola, della vita di ogni giorno.
Non ho paura di non essere all'altezza della mia parte, no... Tanto per quelle quattro padelle, cosa vuoi che sia? Ho paura di non reggere musicalmente il confronto con quei due violinisti. Ho paura, davvero, che loro siano più capaci di me a sostenere, a tenere il suono, a fare delle dinamiche e a non stonare.
E ti dirò, ho paura di non reggerlo neanche umanamente, il confronto. Ho paura che questi due vi strappino più sorrisi, più abbracci di me. Ho paura che si prendano il mio spazio, che vengano presto anche loro per provare un po' in pace come faccio io ora.
Sto esagerando, ma sono sincera.
Ma al di là di questo mi sforzo di vedere il lato positivo... Qual è il lato positivo? Non lo so, non lo vedo, non lo sento, non ho la voglia di pensarci.
Il fatto è che alla fine mi convincerà, tutto questo. Forse. Se questi violini non si prenderanno di più di quel che mi è stato portato via forse andremo d'accordo.
Ma mi voglio godere questa prova insieme. La chiesa vuota che si riempie della nostra melodia. Discorrendo di Marco Polo e Plutarco. Ridendo insieme di qualsiasi cosa.
Io e te.
Una forza della natura.
Io e te.
La strana coppia.
Tu, voi.
La mia medicina.
Che spero non diventi veleno.