"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

giovedì 30 dicembre 2010

Nonostante tutto... è stato un buon anno

Ultimi respiri di 2010... e poi via, verso l'ignoto 2011.
E' tempo di bilanci, ovviamente. E allora ecco i miei.
A luglio è nato questo angolo di web, un evento (posso chiamarlo così) che mi ha dato modo di scoprire diverse persone, imparare molte cose nuove.
Ci sono stati dei viaggi, tutti in Italia eccetto quello Laggiù. Ho rivisto l'Urbe, che tanto mi era rimasta nel cuore, ho scoperto le Dolomiti e ho visto una Venezia luminosa sotto i fuochi del Redentore. Mi sono emozionata davanti all'affresco "La scuola di Atene" nella biblioteca dei Musei Vaticani, ho visto un bosco e una cascatina all'ombra degli alberi. Laggiù mi sono riscoperta forte e capace di organizzare un lavoro, ho ritrovato la voglia di sognare e di immaginare un mondo migliore.
Ho adottato zii e zie, ho ritrovato in persone su cui non avrei mai scommesso dei punti d'appoggio importanti. Ho ricevuto molti abbracci, ho preso un treno e sono partita alla volta della Città dell'Amicizia. Ho capito che sono importante e molte volte posso contare solo sul mio aiuto.
Musicalmente ho imparato a non avere paura di note troppo acute e di passaggi ingarbugliati. Ho imparato a farmi da parte e a non suonare sempre forte. Ho capito che posso farmi sentire anche se il mio flauto non suona.
Momenti negativi ce ne sono stati diversi ma la musica, la scrittura e il sorriso mi hanno dato modo di superarli alla grande.
Spero di averti ancora con me, lettore, in questo nuovo, sconosciuto anno.

mercoledì 29 dicembre 2010

L'ultimo concerto dell'anno

Ultima fatica dell'anno con la banda: il concerto di fine anno di ieri sera.
Mesi di lavoro, infinite ore di prove a casa e in sala, discussioni accese per decidere qualsiasi cosa (anche il colore delle calze) per... una serata molto bella.
Il programma era intenso, con brani come Toyland Suite di Ferrer Ferran della durata di oltre 17 minuti. Però è una suite molto allegra che il compositore ha dedicato a suo figlio: i brani che raccoglie hanno il ritmo dell'infanzia; sopra a queste musiche abbiamo proiettato i disegni che l'iniziativa "Il futuro racconta la banda" ha raccolto. Si tratta di 77 disegni dei bambini della musica d'insieme e degli allievi della nostra scuola di musica in cui i nostri piccoli musicisti hanno rappresentato cos'è per loro la banda. Abbiamo visto quindi sfilate, strumenti, direttori, torte, note, chiavi di violino e così via.
Il giorno dell'ultimo concerto è sempre un giorno di magia, per me.
Le ragazze fanno la coda dall'unica parrucchiera del paese, gli strumenti si lucidano e c'è un gran fermento, dietro il sipario: innumerevoli giri di intonazione, sistemazione delle parti, prove delle luci, prove delle presentazioni...
Fino a quando... il drappo rosso si apre, le luci del palco si alzano e la platea è un'infinito buio e silenzioso.
Poi arriva la direttrice e allora incominciamo a prendere forma e suono. E in quel momento esistiamo solo io, il mio flauto, il mio spartito e la bacchetta della maestra. Niente altro. Questo equilibrio si rompe solo quando si accendono le luci in platea per il discorso del sindaco e provi a cercare i tuoi amici, quelli che conosci. Io ieri li ho visti subito: il coro intero nella terza fila della seconda metà della sala, la mia compagna di banco un po' più avanti e la gente del gruppo di volontariato sulla sinistra. Ecco la bellezza del concerto: avere coloro a cui vuoi bene davanti a te, pronti ad applaudirti anche se stoni.
Il momento più bello è stato, forse, quello in nel quale la direttrice, Elena, ha premiato il suo papà, Primo, con un attestato di ringraziamento per i 15 anni di servizio nella nostra banda e con una medaglia d'argento che la regione dà ad alcuni, speciali, musicisti. Un momento di famiglia vera, della quale mi sono sentita parte anch'io, questa volta.
Concluso il concerto, dopo l'ultima doppia stanghetta, sistemato il mio flauto, mi ha accolta un mare di abbracci. Tutti qui, insieme, per me. Sono stata contenta di vedere soprattutto la mia compagna di banco e il mio coro e la mia mitica "regina madre", l'organista del coretto.
Il coro mi ha regalato questo bellissimo mazzetto di rose e porgendomelo, una soprano mi ha detto la cosa più bella che mi è stata detta ieri: "Per questa banda sei solo un numero perchè ci sono tante persone e tanti flauti, ma per noi sei la ragazzetta che ci manca se per caso non viene a prove, che possiamo abbracciare ogni volta che abbiamo bisogno d'affetto".
E poi... poi è finita e ognuno, io compresa, se n'è andato a letto con tanta armonia nel cuore.

domenica 26 dicembre 2010

Natale

Come hai trascorso il Natale?
Io la notte del 24 ho suonato in ospedale inaugurando così il mio flauto nuovo di zecca, lucido e brillante che ci si poteva specchiare. E' stato bellissimo: poche stonature, intonazione ottima, belle persone intorno. La notte di Natale porta sempre molta magia con sé. Andare a tempo, insieme, cantare e suonare come prima non avevamo mai fatto... il sorriso e l'applauso della gente sono stati per noi il regalo più grande. Anzi, forse c'è qualcosa di più. La certezza che la Speranza è venuta al mondo sentendo le note della nostra Piva e del Gaudete è stato il premio più grande per mesi di intenso lavoro, studio e arrabbiature varie. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Alla fine mi sono dovuta ricredere: il maestro aveva ragione, con i violini il tutto ha avuto più senso.
Una notte di poesia.
Ieri invece ho letto In nome della madre, di Erri De Luca.
Un libro natalizio, che racconta la gravidanza di Miriàm dal suo punto di vista di donna che sta per diventare madre, che non capisce a pieno ciò che sta vivendo. Parla del marito Iosef e del piccolo Ieshu che viene al mondo in una stalla. Miriàm parla con freschezza, cerca di comprendere quello che le sta intorno. Un libro commovente, a tratti.
E questo è uno dei miei passi preferiti:
"Signore del mondo, benedetto, ascolta la preghira della tua serva che adesso è una madre. [...] Noi pensremo a trovargli una moglie, lui mi metterà sulle ginocchia una squadra di figli. [...] Fa' che abbia difetti, non si occupi di politica, vada d'accordo con i Romani e con tutti quelli che verranno a fare i padroni in casa nostra, nella nostra terra. Non ho più visto il messaggero: è segno che lascerai fare a me e a Iosef? Certo, ce ne occupiamo noi. Fa' solo che questo bambino sia nesuno nella tua storia, fa' che sia un uomo semplice, contento di esserlo e che si arrabbi soltanto con le mosche".
E per concludere ieri sera sono andata al concerto di Natale della banda della mia amica flautista Valentina. Sono stati molto bravi, brani divertenti, presentatore simpatico... ma la cosa più bella è stata rivedere la mia amica dopo qualche mese. Ovviamente lei verrà al concerto della mia banda martedì. E' bello andare a sentire i concerti degli altri, confrontarsi, prendere spunti... e poi due ore di sana musica fanno bene al cuore.
Ecco.
Buona contuazione in questi giorni di festa!

sabato 25 dicembre 2010

Gaudete!


Gaudeamus, gaudeamus, gaudeamus hodie!

giovedì 23 dicembre 2010

Natale e...

Natale e dentro al cuore sentimenti contrastanti. Natale e la musica del mio flauto. Natale e il coretto. Natale e il presepe. Natale e la dolcezza delle persone a cui vuoi bene. Natale e la luce dentro agli occhi. Natale e la pioggia. Natale e la speranza. Natale e la famiglia. Natale e le canzoni. Natale e il profumo di panettone. Natale e il sorriso sul viso. Natale e la camicetta bianca. Natale e gli sms. Natale e le belle parole. Natale e gli angeli. Natale e Betlemme. Natale e Babbo Natale. Natale e la pace. Natale e una lacrima. Natale e i ricordi di un altro Natale. Natale e i mandarini. Natale e i pacchetti. Natale e la magia. Natale e la voglia di stare insieme.

Natale e...


Auguri, miei cari. Di cuore.

LaFlautista

mercoledì 22 dicembre 2010

Mi sono persa

Non mi trovo più, non so dove sono finita.
La pioggia, il Natale, il clima di famiglia che a casa non riesco a respirare, la gelosia, l'invidia. Ho cercato ovunque, ma niente da fare. Dov'è LaFlautista cortese, diligente, sicura di quello che vuole? Uffa, questo tempaccio mi mette di cattivo umore. Non riesco a portare a termine neanche una delle mille cose che devo fare.
Mi sono persa. E non so dove cercarmi.

sabato 18 dicembre 2010

Ultima candela

Oggi accendiamo l'ultima candela dell'Avvento. L'attesa sta per finire, la settimana prossima arriverà Natale. E ci sarà modo di sperare ancora in un mondo più bello, in una vita colma di cose che contano. Natale è una nascita nuova, il desiderio di pace che prende forma in un minuscolo Bambino, è stare insieme.
Mi piacerebbe fare di più questa domenica, qualcosa di bello... ma i libri mi tengono ferma sulla scrivania. Fino al 22 non si molla la presa.
Con lo spirito del Natale nel cuore vado a cercare di capire chimica.
Buona domenica!

venerdì 17 dicembre 2010

Fiocca!

NEVE!!!!!
Finalmente è arrivata anche qui in pianura, strade bloccate e grande confusione... sì, perchè noi ai primi fiocchi già mettiamo le catene alle ruote e ci preoccupiamo tanto. Spero che ne cada così tanta da impedirmi di andare a scuola domattina.
Come l'anno scorso. Mi ricordo ancora come se fosse ieri: 19 dicembre e un compito di storia fissato. Da casa mia a scuola normalmente il tragitto è di 20 minuti ma quella volta ci abbiamo impiegato un'ora e mezza. Rendiamoci conto. Il bello è che rischiavamo di fare un incidente perchè nel sottopassaggio della ferrovia una macchina è scivolta con le ruote dietro, venedo pericolosamente verso di noi. Insomma, arrivati a scuola abbiamo scoperto che era chiusa... Riesci a immaginare la gioia nei nostri occhi? La città era invasa di studenti, i bar pieni zeppi, trovare un angoletto per bere una cioccolata calda, quel giorno, è stata un'impresa non da poco.
E quindi spero che l'esperienza si ripeta nuovamente domani, dato che anche per domani è proggrammato il compito di storia... Anzi, quasi quasi resto sotto le coperte, al caldo, mentre fuori, poeticamente, fiocca.

mercoledì 15 dicembre 2010

Una gioia semplice

E poi, finalmente, arrivano quei giorni.
Freddo intenso ma con un bel sole, pochi giorni a Natale, la sagoma perfetta di delle montagne.
Non sono proprio riuscita ad aspettare l'ultimo giorno di scuola per dare alla mia migliore amica nonché compagna di banco il mio dono di Natale. Rispettando l'idea che la cosa più preziosa che abbiamo è il tempo, dentro al suo pacchettino ho messo innumerevoli gusti di the, così ha una scusa per ritagliarsi un attimo per lei, per noi.
E una gioia semplice, dai suoi occhi.
La sensazione di aver fatto qualcosa di buono.
Forse è vero che l'obiettivo di una giornata è poggiare la testa sul cuscino con il sorriso stampato sul volto.

domenica 12 dicembre 2010

Terza candela

Terza candela, Natale è sempre più vicino e io ho un mucchio di cose da fare. E ovviamente non so da dove cominciare. Bramo le vacanze. E un bagno rilassante. E del tempo.
Che post ricco di contenuti.

sabato 11 dicembre 2010

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
come stai?
Ti immagino seduto sulla tua grande sedia a dondolo con una montagna di lettere da un lato e dall'altro tanti contenitori per dividere tutte le letterine in base al Paese di provenienza... ho indovinato?
Chissà quante cosa avrai da fare, in questo periodo... tra il tagliando della slitta, il veterinario per le renne, i giocattoli da preparare, l'appuntamento dal sarto per sistemare il vestito, non ti resta neanche un po' di tempo per te. Nemmeno un minuto per bere un the caldo in santa pace, per finire il sudoku, per fare una passeggiata nei boschi del Grande Nord... però sei stato in vacanza fino ad adesso, metre noi, in questi mesi, abbiamo lavorato e studiato.
Ma veniamo a me.
Portami qualcosa di bello.
Non so... amore, per esempio. Non che mi manchi, per carità, ma la scorta deve essere bella grande per affrontare un nuovo anno.
Ti ricordo che non ho il camino, perciò parcheggia pure la slitta lì del negozio di scarpe, e mettimi il tutto davanti alla porta dell'appartamento. Anzi, facciamo che lo metti un po' dovunque così poi mi divertirò a cercarlo.
Eh, lo so, Babbo Natale, che è una richiesta non da poco, però pensa, almeno non dovrai impacchettarlo.
Stammi bene e non stancarti troppo,
un abbraccio,
LaFlautista

giovedì 9 dicembre 2010

Brutti ricordi

Oggi. Due anni fa.
Un risveglio agitato e la notizia. Il sole freddo di dicembre meno luminoso. Il mio cognome e il tuo nome appeso su tutti i muri, senza delle belle parole. I fiori e l'affetto, la prof. La tristezza e la sensazione di essere come in una bolla. E poi la pioggia, i messaggi, la gente. Il buio, la commozione.
E tu.
Lì.
Senza i tuoi pennelli. Senza i tuoi barattoli. Il tuo cappello da finanziere. Le mie rose rosse. Un momento strano. Immaginare il mio mondo. Diverso.
Senza di te.
Mai più...
Fino alla fine dei giorni.
Un cielo ancora troppo grande.
Perchè tu non ci sei.
L'odio. Il fastidio.
L'amore. La perdita.
Esiste il Paradiso in cui credo, nonno?

martedì 7 dicembre 2010

Panchina

Un pensiero alla mia panchina... Laggiù.
Come se fossi seduta lì, vicino alla riva del fiume. Lontano dal mondo, vicino al mondo. Con il freddo, magari la neve, a pensare.

domenica 5 dicembre 2010

Regali

Oggi accendiamo un'altra candela dell'avvento... Natale si avvicina!
Ma parliamo di regali.
Tu, lettore, cosa regalerai?
Io ho deciso, quest'anno, di regalare meno oggetti e più tempo. Il tempo è la cosa più preziosa che possediamo, quindi voglio cercare di esserci di più, di trovare un momento per gli altri. Voglio regalare un abbraccio in più, una lettera o un e-mail all'amica che non sento da tanto, una telefonata e un sorriso.
L'alternativa che ho trovato a questo è stata creare io stessa un dono. La mia manualità rasenta lo zero, ma nella mia merceria di fiducia ho trovato delle borsine in tessuto per fare la spesa su cui ho disegnato con dei pennarelli indelebili. Il risultato è il seguente.
Questa è una...
... e questa è l'altra


Facilmente personalizzabili, utilissime, ecologiche, lasciano largo spazio alla creatività. Per capirci, queste misurano quanto due fogli A4 vicini ma ne esistono anche di più piccole grandi quanto un solo foglio A4.

sabato 4 dicembre 2010

Scienze

Ho dei seri problemi con il ciclo di Krebs e con i sali.

mercoledì 1 dicembre 2010

Tregua

Ho deciso: tregua.
La guerra mentale tra me e i violini del coretto si ferma per un po'. Stridono? Io li lascio stridere. Stonano? beh, stono anch'io: li lascio stonare. Non suonano? Li lascio non suonare. Non hanno il loro leggio? Condivido il mio.
Proviamo. Magari funziona. Magari scambieremo qualche parola in più.
Devo essere sincera: il mio Adeste Fideles ha più senso da quando sono arrivati loro. La melodia è bella, le voci non si sovrappongono male. Io mi sento. Mi si sente.
Non vedo l'ora che arrivi la notte di Natale.

domenica 28 novembre 2010

Prima candela dell'Avvento: accesa!

Prima candela dell'Avvento: accesa!
Natale si avvicina.
Dicembre, scolasticamente parlando, sarà un mese molto duro. Verifiche e interrogazioni mi terranno china sulla scrivania fino al 23 quando finalmente cominceranno le vacanze.
Ma io non ho intenzione di perdermi la magia di questo periodo, il profumo dei biscotti alla cannella, l'emozione di pensare ad un regalo per qualcuno di speciale.
E quindi, a te che ti imbatti in queste righe disordinate, auguro un buon cammino verso il Natale. Che in questo periodo di freddo e buio possa avere attorno a te luce e affetto.
Di cuore.


Sì alle calze d'estate, alla divisa, ad una vacanza con meta insolita.
Sì ad un viaggio scomodo e lungo, ad un momento per gli altri, all'aiuto reciproco.
Sì all'emozione, alla commozione, al silenzio.
Sì al sorriso, alla fatica, al lavoro di squadra.
Sì al male alle gambe, alle domeniche insieme, ai canti.
Sì alle coccole, al segreto, al raccoglimento.
Sì alle grigliate, ai giochi al parco, al profumo.
Sì al treno, al basco blu, allo stemma.
Sì alle taniche, alla responsabilità, al refettorio.
Sì alle candele, alla speranza, all'allegria.
Sì al lavoro, alle pulizie, al riposo.
Sì alle risate, alla crescita, al cambiamento.
Sì alla fiducia, all'amicizia, alla panchina.
Sì al coraggio, alla gratitudine, alle lacrime.
Sì alla promessa, alla notte, alla luce.
Sì al ritorno, al miracolo, alla folla.
Sì all'entusiasmo, alla creatività, all'ottimismo.
Sì alle regole, alla gerarchia, allo stendardo.
Sì ad un momento solo per sé, all'impegno, alla associazione.


28 novembre 2010 Giornata dell'adesione UNITALSI.

domenica 21 novembre 2010

Le ho mai raccontato del vento del Nord

Le ho mai raccontato del vento del Nord è uno di quei libri che vanno assaporati un poco alla volta, una pagina a sera. Ma è anche uno di quelli che ti rapiscono e in una notte li hai già letti.
Daniel Glautter, più che raccontare Leo ed Emmi, curiosa nelle loro caselle di posta elettronica, mostrandoci due personaggi curiosi, simpatici, uniti da uno scambio di e-mail iniziato accidentalmente. L'uno dà voce all'interiorità dell'altra, possiamo dire così.
Poca azione, molto sentimento, un finale inatteso, una storia senza tempo e senza luogo, senza volti, tante parole, tanto cuore.
Consigliatissimo.

sabato 20 novembre 2010

Tutto aiuta. Anche un ego enorme.

Chi suona, sicuramente, ha ben presente la sensazione che si ha quando di tutto un brano due passaggi non riescono. Si vedono come una sfida contro sé stessi, uno scoglio da superare.
Per quanto mi riguarda lo scoglio da superare tra le parti del coretto sono due battute dell' Adeste Fideles. Semplice, è vero, ma la mia parte è stata arrangianta apposta per me dal direttore: flauto solista, organo che sostiene i bassi, violini in sottofondo... E questo vuol dire scalatine, articolazioni diverse, note arrampicate troppo in alto. E' da luglio che studio 'sto pezzo e quel benedetto passaggio non mi è mai venuto.
MA.
Ma oggi sono arrivati finalmente questi violini. Una ragazza e due ragazzetti, tutti più giovani di me... La mia proverbiale gelosia mi ha catturata ancora, così come il mio ben noto egocentrismo, ma questa volta posso dire che siano stati utilissimi: ebbene, signori, per la prima volta non solo ho suonato le note giuste di quelle due battute, ma anche all'ottava acuta e intonate. Cos'è successo? Non ho pensato a come soffiare, né alle posizioni delle dita, né a non premere la boccola sul labbro. Competizione, ecco cosa mi ha permesso di non sbagliare. Il fatto è che mi sono sentita messa in discussione, lasciata in parte, sostituita, anche se di fatto così non è stato e so che non lo sarà. Però tutto questo mi ha permesso di pensare solo al fatto di suonare per dimostrare innanzitutto a me stessa di cosa sono capace... Questa volta il mio enorme (purtroppo) ego mi è stato di grande aiuto.
E poi, gli abbracci. I miei momenti di musica sono fatti anche di questi. Dita che corrono, respiro, tempo, dinamiche... e coccole. Con la testa appoggiata sulla spalla della Regina madre, come si definisce la mia insostituibile dottoressa che suona l'organo, confesso la mia enorme gelosia, la mia paura dei cambiamenti, il mio eccessivo egocentrismo. Per spazzare via tutta la malinconia non ha altro da fare, lei, se non abbracciarmi ancora più forte.
Il posto più sicuro sono le braccia di coloro che ti vogliono bene.
Questi sono i momenti di musica che amo di più.

giovedì 11 novembre 2010

Niente gita

Per protesta i professori della mia scuola hanno deciso che non si faranno le gite.
Neanche quella bella in Grecia dell'ultimo anno. Neanche quelle di un giorno.
Da un lato li capisco: andare in gita con una classe comporta diversi oneri, sempre più pesanti se si sta fuori per qualche giorno, senza avere tornaconto alcuno. In questo modo sperano di ottenere qualche risultato, dato che scioperi e cortei non bastano per sistemare le cose nel mondo della scuola.
Stamani quando ci hanno avvisato della decisione eravamo furibondi. E' vero, noi studenti in questo senso siamo "egoisti", ma di fatto il momento della gita è uno fra i più belli dell'anno scolastico. Oltre ad unire la classe, la gita ci mostra fisicamente i luoghi che abbiamo immaginato e studiato, ci permette di toccare con mano un passato e, perchè no, un futuro che altrimenti avremmo solo sbirciato nella foto di un libro. Un viaggio unisce la classe, ti fa vivere momenti indimenticabili. Ti fa scoprire negli insegnanti degli ottimi compagni d'avventura, te li fa vedere da più vicino, senza libri in mano.
La mia prima gita risale alla prima elementare. Destinazione: palude di un paesetto vicino. Mi ricordo che ero emozionatissima, non vedevo l'ora di partire. Abbiamo passato la giornata a raccogliere rane e girini. Una mia compagna, in quella occasione, ha spinto un mio amico dentro lo stagno per dispetto. Ho un flash di lei che ride sguaiatamente e di lui che piange disperato.
Quella più emozionante è stata quella a Roma, in ternza media. Sognata, attesa, preparata, immaginata. Bellissima. Quattro giorni intensi, in una città che è uno scrigno. Attraversare a piedi l'Urbe e dopo una giornata di camminata arrivare a Città del Vaticano, ammirare la Pietà, sentirsi piccolissimi, scendere a salutare Giovanni Paolo... Ammirare il panorama di notte dal giardino di Villa Borghese, nell'aria il profumo delle magnolie. Camminare mano nella mano. Ho lasciato il cuore là...
Alle superiori, invece, il viaggio più bello è stato quello del gemellaggio, vicino a Vienna. Abitavo da una famiglia molto graziosa, ho imparato molto. E poi Vienna è una città imperiale, sontuosa. I ragazzi che ci ospitavano ci avevano invitato al loro ballo scolastico. Per la prima (e unica) volta ho visto i miei compagni eleganti; i ragazzi un po' impacciati con le loro cravatte, le ragazze graziose dentro i loro vestiti... non ci sono parole...


Però quest'anno nulla. Niente.
Siamo tutti amareggiati... staremo in classe a immaginare come sarebbe stata, la nostra gita, dove, e quali sensazioni, quali ricordi ci avrebbe dato...

domenica 7 novembre 2010

Germogli

Metti una giornata di pioggia, un cappotto nuovo (nero bellissimo), un programma, delle questioni da esporre e sistemare, un pranzo in villa e molta allegria.
Questa è stata la mia giornata.
Ho rivisto i miei amici volontari, le signore del mio tavolo... e, sorpresa, c'erano anche loro: due fra le dieci ragazzette di cui ero responsabile Laggiù. Dire che ero felice di vederle presenti è dire poco, anche se si sono fermate solo fino a mezzogiorno.
Così ho pensato...
Tante volte agli incontri del personale ero l'unica giovane al di sotto dei tren'anni, pur avendo numerosi coetanei nel gruppo che parte ad agosto. Un po' triste no? Per questo vedere quei due "baschetti" oggi mi ha resa particolarmente contenta. Per la prima volta mi sono resa conto di aver piantato un seme che pian piano sta germogliando. Ci sarà ancora da lavorare prima che diventi una bella pianta, ma siamo sulla buona strada: con acqua, luce e concime il mio germoglio diventerà forte e grande.
Ci vorrà del tempo.
Ma sono disposta ad aspettare.

venerdì 5 novembre 2010

Quando la dolcissima flautista diventa un mastino

No, spiegami.
Spiegami perchè 'sti violini non si sono ancora presentati. Sono studenti. Scusa, ma io, cosa sarei? Anch'io alla mattina vado a scuola, anch'io al pomeriggio traduco la versione e faccio gli esercizi di matematica. E se per caso mi resta ancora qualcosa da ripassare porto via il libro e in quella mezz'oretta mentre vi aspetto, finisco. Io. Ma vanno a scuola lontano. Santo Cielo, tutti e tre? Che sfortuna, tutti e tre stanno via tutta la settimana... dammi i loro nomi, che li contatto su Facebook e vediamo che intenzioni hanno. Niente. Verranno a provare, non preoccuparti. Sì, ma quando, di grazia, quando? Lo sai che Natale è fra meno di due mesi, cioè meno di otto settimane? Ma stanno studiando la parte per conto loro. Sì, grazie tante. Ma io vengo a prove, io e la dottoressa ci troviamo a suonare il pomerggio, a sistemare i passaggi della Piva e di In dulci Jubilo. Perchè suonare insieme è diverso dallo studiare da soli: c'è sempre qualcosa di limare, da vedere e da confrontare. E'una mancanza di rispetto bella e buona, questa, nei confronti miei, della dottoressa e del coro intero. E poi ti arrabbi perchè ti sei impegnato e io mi lamento. Io non mi lamento per il tuo operato, ci mancherebbe. Mi lamento perchè queste persone non si sono ancora fatte vive e tu le giustifichi. Non ci sono giustificazioni. Volere è potere. Vuoi suonare con noi? Bene, trovi il tempo per venire in chiesetta. Non vuoi suonare? Bene, dillo subito. Prendi coscienza prima di confermare qualcosa se ritieni di potercela fare o meno. Ma quando prendi un impegno sei pregato di portarlo a termine. Noi tutti ci impegnamo, caro direttore, per dar vita a qualcosa di bello, che ci riempia il cuore di emozione e che sia utile anche agli altri. Ma sembra che questo non sia chiaro a questi violini. E anche alla tromba, che si è fatta vedere una volta sola e per di più si è lamentata tutto il tempo.
Ieri a prove ero un mastino.
Una signora si è avvicinata a me dopo la sfuriata e mi ha detto: "ma tu non eri la dolcissima flautista?" Io sono sempre la dolcissima flautista, ma ci sono delle cose che mi fanno arrabbiare.
Sulla strada di casa mi sono domandata cosa ci faccio ancora a suonare là, se questo è il comportamento...
La risposta mi è stata data dai visi immortalati sulla foto del coretto che tengo sulla scrivania: amore.
Per la musica, per me, per le mie numerose zie adottive.

mercoledì 3 novembre 2010

Gioielli

Oggi, grazie al corso del FAI che sto seguendo, ho potuto toccare con mano dei gioielli preziosi: libri antichi. Questi volumi sono custoditi dalla mia biblioteca e contengono informazioni importanti riguardo la mia città. Un profumo di antico, vissuto, di pergamena, polvere e inchiostro. Tra le pagine i caratteri illeggibili, simili a onde del mare. Emozionante. La rilegatura in pelle o in legno, la perfezione delle parole... un salto indietro nel tempo... attraverso la carta.

lunedì 1 novembre 2010

Piove piove piove...

Piove piove piove...
Mi ricordo di una pioggia di molto tempo fa. Ero alle elementari e da giorni le precipitazioni non ci davano tregua. La mia scuola aveva due piani ed era piuttosto vicina all'argine. Un giorno siamo saliti al secondo piano e ci siamo affacciati alla grande "finestra panoramica" che dava sul cortile e quindi sull'argine. Lo spettacolo era impressionante: una distesa infinita di acqua fangosa, che si perdeva in lontananza. Avevo paura, come tutti i miei compagni. Non siamo andati a scuola per qualche giorno, alcuni miei amici sono dovuti evacuare dalle loro case e si sono trasferiti dai nonni. La città è stata impraticabile per qualche tempo e per un bel pezzo sugli edifici è rimasto il segno dell'acqua. Il centro storico, in posizione rialzata, si è salvato, ma buona parte dei dintorni era sommersa. I ristoranti hanno appese alle pareti foto di quei giorni drammatici e una chiesetta riporta una tacca nera (oltre a quelle che c'erano già) all'altezza raggiunta dall'alluvione.
Sopra tutta quest'acqua c'è il sole... o le stelle...
Piove piove piove...

domenica 31 ottobre 2010

Da casa

Mamma ti ha portato qualche fiore da parte mia, perchè non verrò a trovarti in cimitero, in questi giorni, nonno. Vedere la tua foto, il tuo nome e il mio cognome sul marmo bianco, sapere che sei fisicamente lì dentro... no, non fa per me. Ti penserò di più da casa, forse disegnerò un po' per ricordarti meglio. Osserverò i tuoi quadri per cercare un po' di te nel colore.

venerdì 29 ottobre 2010

Basta...

Ma chi l'ha detto che devo volerti bene per forza? Lo stato famiglia non conta, il mio affetto lo devi meritare anche tu. Come tutti gli altri. Ma non dimostrarmi più niente: quel titolo, nel mio cuore, non è più tuo.

giovedì 28 ottobre 2010

Tra...e...

L'idea per questo post me l'ha data un libro, Notte prima degli esami oggi, che ho riletto in questi giorni... umidi.
E tu, lettore cosa scegli tra...e...

1. tra la Bella Addormentata nel Bosco e Cenerentola, Cenerentola
2. tra mare e montagna, mare
3. tra libro e mp3, libro
4. tra inglese e tedesco, tedesco
5. tra treno e aereo, treno
6. tra torta alla frutta e tiramisù, tiramisù
7. tra tisana e caffé, tisana
8. tra cinese e giapponese, cinese
9. tra vacanza con la famiglia e vacanza con gli amici, vacanza per i fatti miei
10. tra Aristotele e Platone, Aristotele
11. tra tuta e jeans, jeans
12. tra tromba e violini, corno
13. tra Geppi Cucciari e Luciana Littizzetto, Lucianina
14. tra e-mail e lettera, lettera
15. tra Roma e Firenze, tutte e due
16. tra Machiavelli e Guicciardini, Guicciardini
17. tra tacco e ballerina, ballerina
18. tra righe e quadretti, quadretti
19. tra penna e pennello, pennello
20. tra marcetta e brano, brano
21. tra divisa mia e divisa della banda vicina, divisa mia
22. tra suonare all'aperto e suonare al chiuso, suonare all'aperto
23. tra centro commerciale e mercato, mercato
24. tra Harry Potter e il Signore degli Anelli, L'eleganza del riccio
25. tra margherite e rose, margherite
26. tra giorno e notte, aurora
27. tra fiocco e cicogna, fiocco
28. tra vacanza riposante sulla spiaggia e coda al museo, coda al museo
29. tra ieri e domani, oggi
30. tra telefonata e sms, telefonata
31. tra torta e biscotti, torta
32. tra ritardo e anticipo, puntualità
33. tra volere e volare, volare
34. tra lezione individuale e prove con la banda, lezione individuale
35. tra estate e inverno, primavera
36. tra matematica e chimica, matematica
37. tra presepe e albero di Natale, presepe
38. tra bue e asinello, asinello
39. tra farfalla e libellula, farfalla
40. tra funghi e margherita, dipende dalla pizzeria
41. tra vino e birra, vino
42. tra bianco e nero, bianco, se possibile Moscato
43. tra pioggia e neve, neve
44. tra Poltronieri e Ciriaco, Poltronieri
45. tra poster e puzzle, puzzle
46. tra Paperino e Topolino, Paperino
47. tra Lo Zecchino d'Oro e Io Canto (o Ti lascio una canzone, il format è lo stesso), Lo Zecchino
48. tra tropici e profondo nord, profondo nord
49. tra collant e gambaletto, collant
50. tra Halloween e carnevale, carnevale

domenica 24 ottobre 2010

Per gli amici la strada non è mai troppa

Ogni tanto va fatto.
Prendere un treno e andare via, dove ti porta il cuore...
Ovviamente con un minimo di organizzazione.
Così ieri siamo partite, io e una delle due mie amiche disperse, alla volta di una ridente cittadina veneta per trovare l'altra amica dispersa. I nostri sorrisi si facevano sempre più grandi man mano che la nostra meta si avvicinava... cambi di treni, piccoli inconvenienti poi risolti e alla fine, quando siamo salite sull'ultimo minuetto l'emozione era alle stelle.
E poi, una volta scese, la gioia di incontrarsi di nuovo, l'abbraccio e le lacrime confuse dalle risate. Colori nuovi e suoni ritrovati, l'accento diverso che ti fa sorridere. Un mucchio di cose da dire e ed essere bloccate dai pensieri e dai ricordi. I racconti del Paraguay e della cena a base di coccodrillo (non si può pretendere caviale in un villaggio sperduto). Il lavoretto all'unicetto e le tazze di the. Un nuovo profumo, una sensazione di calore nella pancia e nel cuore, nelle mani che abbracciano e negli occhi imprimono ogni gesto e ogni particolare.
Una giornata insolita, lontano dal mondo, anche a ricordare i vecchi tempi.
Persone che ti sembra di conoscere da sempre, anche se di fatto le hai incontrate meno di una decina di volte. E sai che loro ci saranno. Anche se la nebbia di questa pianura non ti permetterà di vederle, se tenderai una mano le sentirai. Più vicine di quello che credi.
Ritrovarsi dopo oltre un anno. Agosto è più vicino.
Per gli amici la strada da fare non è mai troppa.
E la promessa di esserci, ancora e ancora.
Insieme.
Nonostante la vita.

mercoledì 20 ottobre 2010

Vorrebbe non dover più evitare le scale

Ma se lei domattina dovesse alzarsi e camminare, muovere le braccia e stringerci a sé... sarebbe la stessa?

venerdì 15 ottobre 2010

Ho visto l'amore


Ho visto l'amore
dimenticato in uno scatolone pieno di cianfrusaglie
scritto nelle pagine di un vecchio diario
nelle mani dopo aver spinto una carrozzina
sulla boccola del flauto traverso
disegnato sul volto apparente inespressivo di un vecchio pupazzo
tessuto sul logo della mia divisa
accovacciato accanto al mio cane
custodito dentro la busta di plastica dell'album dei ricordi
assonnato sotto la coperta del mio letto
portato al dito
in una chiesina in un pomerggio di musica e chiacchiere
tra le parole di una lettera
nell'inchiostro di una penna
nella fatica di aprire una porta
nella volontà di chiuderla
nelle stampelle abbandonate
intrappolato sulla tela di un suo quadro
alla fermata dell'autobus
nella musica dell'anima
scritto su una panchina, lontano
nelle parole di uno sconosciuto
stretto in un abbraccio.
L'ho visto,
e non ho potuto non prenderlo in mano.

mercoledì 13 ottobre 2010

Una rampa difficile da percorrere

Salire la rampa che porta all'entrata della mia vecchia scuola media è stato più complicato del previsto. Piedi di piombo, nodo allo stomaco e groppo in gola. Quei dieci metri sembravano non finire mai. Ma alla fine ce l'ho fatta. Ho aperto quella porta e sono entrata nel passato. Quindi sono passata in bidelleria, ho chiesto dei miei vecchi prof e ho scoperto che di tutti quelli che avevo sono rimaste solo in due: la prof di storia e quella di scienze. Gli altri sono andati in pensione, si sono trasferiti...
Comincio dalla prof di storia. Classe 1^B. Busso. Aspetto la risposta. Entro. Vengo accolta da grandi feste dalla mia insegnante, che mi saluta calorosamente e mi presenta alla classe. Mi colpiscono i numerosi cartelloni alle pareti, la lavagna col proiettore, le "tapparelle tecnologiche", i banchi piccoli. Presentazioni di rito, rapidi ricordi, qualche frase che comincia "quando io ero qui...".
Mi tornano alla mente gli anni che ho vissuto tra queste mura... anni di crescita, nello stesso tempo terribili ed eccezionali. Non amavo per niente la mia classe, mi sentivo fuori posto. Ma adoravo i miei insegnanti. Vedevo in loro delle persone capaci, che stavano lavorando per me.
Le numerose note di classe, il teatro, le proiezioni ortogonali, la tabella dei climi del mondo. Uno scambio di lettere.
Parlo con disinvoltura a quella classe del mio indirizzo di studi, dei miei attuali professori. Riepilogo alla mia prof gli ultimi anni, lei mi racconta rapidamente dei cambiamenti della scuola. Poi la lascio ai suoi allievi. Un abbraccio, un sorriso e me ne vado.
Adesso arriva il bello.
La prof di scienze è nell'aula azzurra a scrivere. La porta è aperta. Busso ed entro. La prof è contenta di rivedermi. C'è stato un tempo in cui l'ho odiata con tutta me stessa. Mi metteva soggezione, mi ha fatto odiare la sua materia. L'ho apprezzata, ovviamente, solo negli ultimi mesi di terza media. E'stata lei che mi ha detto, un giorno che "gli insegnanti non possono essere amici degli allievi". Frase, questa, che in questi anni di scuola mi ha accompagnata e mi ha fatto riflettere molto. E mi ha permesso di capire che aveva ragione lei: il prof amico, alla fine dei conti, ti frega, in un modo o nell'altro. Quello che si dimostra più serio, che tiene le distanze è il vero educatore. E non ti prende in giro. Mai.
Anche a lei ho raccontato le ultime vicende, la mia vita al liceo, i miei compagni...
Le prime mappe concettuali, la tanto attesa gita a Roma, il corso di latino, la palla-tamburello, gli esami.
Lei mi dice che durante i rientri non si fanno più i laboratori, come alla mia "epoca", ma lezione frontale. Penso al laboratorio di francese in seconda media, quando, con la scusa di una festa tradizionale d'oltralpe, cucinammo in aula insegnanti una quantità industriale di crepes alla Nutella. Un momento epico. Se lo raccontassi agli studenti delle medie di oggi mi prederebbero per matta.
Evochiamo il passato, immaginiamo il mio futuro.
Adesso non ho più paura di questa prof, non mi spaventano più i suoi occhi di ghiaccio.
Il tempo è tiranno, mi piacerebbe stare qui ancora per un po', ma il dovere mi chiama.
Saluto la mia insegnante e scendo le scale dell'atrio.
Prima di chiudere la porta dietro di me osservo i muri che mi hanno accolta diverso tempo fa.
Vista da fuori, la mia è una scuola di provincia, una come tante.
In un lampo mi passano davanti quei tre anni.
Una fitta di nostalgia.
Ma è un attimo.
Chiudo la porta dietro di me.
E il mascara cola sulle guance.

In superficie

Bentornati, minatori cileni.

"E quindi uscimmo a riveder le stelle", Dante Alighieri

martedì 12 ottobre 2010

Un minuto

10.30.
Un minuto di silenzio.
Davanti agli occhi le immagini del telegiornale.
Feretri avvolti nel tricolore.
I visi.
Il pensiero di una guerra che non conosce fine.
Bombe che continuano ad esplodere.
Persone che continuano a morire.
E' necessario percorrere la via della guerra per raggiungere la pace?
Lo spirito di patria che si fa sentire.
Un pensiero al cielo.
Un pensiero alla famiglia.
10.31
La campanella suona di nuovo.
La vita, per noi, riprede.
Da Aristotele.

domenica 10 ottobre 2010

In 15 chilometri


Cammina cammina... siamo arrivati.
15 chilometri a piedi con la gente del volontariato per passare una domenica diversa dalle altre. Il pensiero della lettura per domani di Machiavelli mi ha seguita per tutto il giorno, pesante come un'ombra scura e minacciosa. Non ci si accorge neanche della strada che si fa, quando come compagne di viaggio hai persone con cui parlare.
In 15 chilomentri puoi raccontare la tua vita o ascoltare quella di un altro.
In 15 chilometri puoi guardare il panorama e notare particolari del paesaggio che non hai mai notato prima, pur percorrendo quella strada tutti i giorni da una vita.
In 15 chilometri hai tempo per ragionare sul valore della scuola, della cultura, della consapevolezza del sapere come piacere personale.
In 15 chilometri puoi parlare alla signora in carrozzina del problema dell'analfabetizzazione di ritorno, del dizionario di greco che si sfascia, del flauto traverso che non suona più come una volta. In 15 chilometri puoi riassumere un numero indefinito di letture interessanti, insegnare a fare il tiramisù in tutte le sue varianti, cantare a tutte le canzoni dei cartoni animati Disney.
E alla fine arrivi; e ti accorgi di essere stanca solo perchè le gambe, sedendoti, fanno male.
Dev'essere un po' come il cammino di Santiago, anche se alla fine non arrivi nel luogo fisico di Compostela...
Vedi le stelle brillare dentro gli occhi dei tuoi compagni di cammino.

martedì 5 ottobre 2010

Niente prove

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice..."

Martedì, giorno di prove col coretto.
Ma piove a dirotto, oggi e la casa del direttore si è allagata.
Niente prove.
Aspetto una settimana il martedì e quando arriva me lo tolgono...
Aspetto.
Un'altra settimana.

Solo con lei

Qualche sera fa, finalmente, sono riuscita a parlare con l'altra dispersa, Valentina. Una bella telefonata, lunga, a parlare di tutto e di niente... E' stato bello risentire anche lei, dopo tanto, condividere le rispettive esperienze di lavoro e di studio, raccontarsi le rispettive novità. Lei è quasi un'infermiera, forse farà un erasmus all'estero. Cavoli... lei ha già l'età per l'erasmus... sto crescendo anch'io. Mi mette le vertigini, tutto questo, anche se sono più giovane di lei. Valentina per me è la ragazzetta che mette tanto cuore in tutte le cose che fa, che è accanto a me nel tavolo del refettorio, che suona con la banda del paese (quasi) vicino. Non riesco proprio ad immaginarla mentre lavora in un ospedale, certo è che forse non avrebbe potuto scegliere altrimenti. Anche lei mi è mancata, quest'anno. Davvero. E' stato per questo che non ho caricato il flauto sul treno insieme alla mia valigia mezza vuota. Lei non c'era. E io là ho sempre suonato con lei. Solo con lei posso correre da una parte all'altra con tre borse al seguito, solo con lei posso provare i brani dentro il vagone magazzino del treno, solo con lei posso disturbare Francesca mentre dorme, solo con lei posso lasciare prima il servizio per andare a suonare. Solo con lei.
E di nuovo, dopo aver chiuso la comunicazione,
lacrime.

sabato 2 ottobre 2010

Festa dei nonni

Oggi, 2 ottobre, è la festa dei nonni.
I miei nonni, Toni e Gina (nonni materni), sono eccezionali.
Lei è un vulcano, disponibile per tutti per qualsiasi cosa. In questo periodo va a raccogliere funghi e adora guidare. Non è mai in ritardo, anzi. Piuttosto prefersice partire da casa con tre ore di anticipo. A volte questo è causa di litigi con me (anch'io amo l'anticipo, ma non troppo...). Il suo sogno più grande è quello di prendere l'aereo almeno una volta nella vita. Il suo riposo dalle fatiche dalla quotidianità consiste nella settimana di Lourdes. Spesso non è disponibile a cambiare idea, ma ha un gran cuore, bisogna riconoscerlo.
Lui invece è... bello. Ho un nonno bello. Grande, con gli occhi grigio-azzurri... cucina divinamente, in particolare le grigliate; si è costruito un cucinino vicino al pollaio, attrezzato con attrezzo per lo spiedo, pentola per conserve e griglia. Non ha nessun vizio particolare (a parte il fatto che mangia un po' troppo), ama i fiori (mia nonna invece li odia) e giocare a bocce il sabato pomeriggio con i suoi amici. Ha cura dell'orto e del cane da caccia. E' il mio fans più grande.
Ad entrambi voglio un gran bene e oggi che è la loro giornata voglio dire loro il mio grazie più sincero, per avermi aiutata a crescere.
Vi voglio bene nonni.

mercoledì 29 settembre 2010

Autunno


Le foglie si ingialliscono e cadono, piano piano. I fili della luce si riempiono di uccelli migratori che tra qualche settimana partiranno per i PaesiCaldi. Le giornate si accorciano. L'aria è frizzante. Presto ci saranno molti giorni di pioggia, di neve e di nebbia. La natura diventerà più grigia e scura per un po'.
Ma ci saranno i giorni di sole; e saranno più rari, ma proprio per questo più preziosi. E allora, pensa al sole, lettore, nei momenti di malinconia. Pensa che lui sopra tutte le nubi splende. Sempre.

domenica 26 settembre 2010

Di nuovo

E ti ho sognato, stanotte. E stavi morendo, di nuovo. Eravamo nel salottino della taverna, seduti sul divano con la coperta a fantasia scozzese, come al solito; e sfogliavamo insieme un album di fotografie. E poi mi hai abbracciata come solo tu sapevi fare. E poi mi hai guardata. E poi ho capito. Ho capito che non c'era nient'altro da fare se non lasciarti andare. E poi hai chiuso gli occhi. E poi... Ma loro non c'erano, stavolta, a rovinare tutto. Non erano lì, pronti per mandarmi via, per eliminarmi dalla scrittura dell'ultima riga del tuo libro. Loro non c'erano, perchè non c'erano mai stati neanche prima, perchè ti hanno sempre detto che eri fuori con la testa. E invece io sì. Ero lì, nel mio piccolo. Ho fatto il possibile, nel sogno come nella realtà, per tenerti in vita ancora un po', ma non ci sono riuscita. E poi un pomeriggio di pioggia buio, scuro, e le rose rosse. E il cappello, i pennelli che avrei voluto che ti portassi dietro. Ma adesso hai pennelli più belli, colori più sgargianti dentro i tuoi barattoli. Nei giorni di acuta malinconia mi illudo che il tramonto sia il tuo capolavoro più bello, nonno.

sabato 25 settembre 2010

Che bello risentirti...

La mia amica Francesca, qualche settimana fa, è ritornata a casa. Due mesi in Paraguay per il tirocinio dell'università in un villaggio sperduto che neanche il preparatissimo Google maps conosce. Un posto in mezzo al niente, mi ha detto ieri per telefono. La cittadina più vicina (neanche quella segnalata su Google) a 22 chilometri, dotata, addirittura, di una discoteca (uno stanzone tipo oratorio con quattro casse e un tavolino di plastica della CocaCola). Ovviamente il cibo era più che scadente, da bere acqua piovana che usava anche per lavarsi. Non puoi mica aspettarti che nel mezzo della foresta ci sia un hotel a 3 stelle! Io sono rimasta ammutolita quando me l'ha detto. Però si è divertita come non mai, ha lavorato nella piccola scuola del villaggio, ha visto il tramonto vicino alle cascate in mezzo al verde più verde, ha conosciuto la solidarietà più semplice, ha visto una farfalla molto grande. Per questo non è potuta partire con me ad agosto. Lei era lontano, dall'altra parte del mondo. Così io le ho parlato di quanto lei e l'altra nostra amica, Valentina (particolare fondamentale: io, Francesca e Valentina ci siamo viste tre volte se è tanto, di cui la prima due anni fa sul treno dell'UNITALSI; l'anno scorso ci siamo ritrovate nella stessa stanza per puro caso e per puro caso a svolgere lo stesso servizio. Gran belle donnine queste due amiche.), mi siano fisicamente mancate, di quanto la notizia della loro assenza, seppur per motivi diversi, mi avesse destabilizzata... Capita anche questo. Una buona ora al telefono a parlare dei nostri viaggi, così diversi ma così incredibilmente simili. E' stato terapeutico. Avevo voglia, veramente, di risentire la sua voce dopo tanto tempo, di sorridere per il suo accento diverso dal mio. E' stato come quando, l'anno scorso, prima di dormire, a luci spente, ci raccontavamo esperienze di vita. Eppure all'inizio (primi dieci minuti di conoscenza) non l'ho trovata per niente simpatica. Però poi... inseparabili. Scriccioletto tutto pepe lei, abbracci&coccole io (e miss cenerentoladicartone Valentina).
Ci vuole. Ci vuole una persona così vicino.
Anche se abita lontano.
E alla fine della telefonata... lacrime. Di gioia.

giovedì 23 settembre 2010

Per Giove! Ecco Giove!


Ho visto anch'io Giove, ieri sera. "A sinistra in basso" rispetto alla Luna (una meravigliosa Luna), come ci ha detto la prof di chimica. Eccolo, un puntino più luminoso di tutti gli altri; il pianeta più grande del nostro Sistema Solare, il gigante che ha il nome del più grande tra i numi romani. Lui si è fatto vedere a noi, che molto probabilmente non toccheremo mai il suo suolo... il prossimo appuntamento è per il 2022!!!

mercoledì 22 settembre 2010

Ciao Sandra

...e se n'è andata anche Sandra, ieri. E' un po' strano che anche le persone che sono dentro alla televisione muoiano. Le vediamo tutti i giorni, lì dentro, "inscatolati". A poco a poco, senza neanche accorgerci, entrano a far parte delle nostre vite, delle nostre famiglie, anche se, di fatto, non li abbiamo mai visti di persona. Sono sempre stati dentro al televisore in salotto... la morte di uno di loro ci fa capire che, nonostante tutta la finzione possibile, coloro che lavorano lì sono persone vere, in carne ed ossa, e non semplici "segnali luminosi". Inutile dire che quando il tg mi ha annunciato la morte di Sandra sono rimasta senza parole... è stato come se fosse morto il vicino di casa più caro, quello che abita nell'appartamento accanto. Quello che sai per certo che c'è perchè senti la musica alta ma che non incontri mai nel giro scale o alle riunioni di condominio perchè è sempre impegnatissimo. Quello che ogni tanto per scusarsi ti lascia un biglietto sotto la porta per scusarsi e ti strappa una risata perchè non hai mai avuto un vicino così. Non se rendo l'idea.
Mi solleva il pensiero che adesso non è più sola, Sandra. Chissà, che gioia quando ha rivisto Raimondo...
Voglio immaginarla così, mentre sgambetta sul suo nuovo lettone di nuvole accanto al marito. Sorridente, furbetta, bella. Per sempre.

lunedì 20 settembre 2010

...ci vuole un fiore.

"Per fare un tavolo, ci vuole il legno..." nel viaggio in corriera che mi riporta a casa l'mp3 mi ha cantato questa bellissima canzone... un ricordo della festa degli alberi alle elementari festeggiata ogni anno il primo giorno di primavera. Ogni classe piantava un albero nel giardinetto della scuola e poi il bidello Franco se ne prendeva cura e pian piano l'albero cresceva. Qualche giorno fa metre passavo davanti alla mia vecchia scuola ho rivisto l'albero della "mia" 4^A: è diventato grande, la sua chioma si sta ingiallendo per l'arrivo dell'autunno. L'aver rivisto il mio albero e l'ascolto della canzone mi hanno permesso di riflettere... Diventare grande, mettere radici, far nascere fiori, foglie e frutti... Ma al di là di questo... è proprio vero che "ci vuole un fiore". Ci vuole un fiore per fare pace con la vicina di casa, per congratularsi per la nascita di un nuovo uomo, per ringraziare per aver ricevuto qualcosa di bello, per il compleanno, per "non andare a mani vuote" dall'amica di mamma, perchè un fiore non stanca mai. Un fiore è una cosa semplice, e io penso che sono le cose semplici a riempirmi il cuore... Un pezzetto di cioccolata, una telefonata, un messaggio inatteso, incontrare qualcuno che non vedevi da tanto, una divisa, un pomeriggio in biblioteca, una risata con gli amici, un'interrogazione discreta, suonare, la musica di Bach mentre studio... cose così.
Io scelgo la semplicità.
Scelgo un vasetto di margherite.

Oggi sposi


A Roberta e Riccardo: Auguri, con tutto il cuore.

mercoledì 15 settembre 2010

Una lacrima sul viso

La chiesina dell'ospedale, prima delle prove del martedì ha un clima meraviglioso. Raramente incontro qualcuno, raramente qualcuno passa per accendere una candela. E' il cantuccio mio, il mio angolo di mondo. Vado presto apposta per leggere, per studiare in pace per scaldare lo strumento.
Così sono cominciate le prove. Fra baci, abbracci, non ho visto né tromba né violini. Che peccato... Il direttore, a nome di tutto il coro, mi ha regalato dei cd di James Galway, il mio flautista preferito. All'inizio l'ho preso come un gesto per sedarmi, poi però ho cacciato via questo pensiero cattivo e mi sono goduta il momento. E' stato bello, inutile dire di no, mi sono sentita coccolata, importante, fondamentale. I soprano hanno imparato a seguire il maestro e contralti, i miei contralti, sembra che non abbiano fatto altro che cantare per tutta l'estate: sono bravissimi! Suonare con loro ieri, è stato un momento di musica davvero magico... sentire il coro cantare, tutti insieme, precisi, pultiti, vedere le mani del direttore tracciare in aria strani disegni, e poi scherzare con l'organista e prendere il flauto e soffiare... bello.
Commovente.
Infatti a metà di In dulci jubilo mi si sono inumiditi gli occhi.
Per la musica non c'è stata mai lacrima più bella.

sabato 11 settembre 2010

Buon anno scolastico, con tutto il cuore

Le vacanze sono davvero finite. Domani si ricomincia! Ho paura, ma sono anche curiosa di vedere come andrà quest anno. Quest anno ci hanno buttati nella sede più lontana dal centro (per la cronaca: il mio liceo ha tre indirizzi, classico, scientifico e sociopsicopedagogico e ha sedi sparpagliate per tutta la città) e non sappiamo SE arriveremo a scuola e QUANDO arriveremo... Forse ci converrà prendere in affitto un appartamento vicino a scuola... Scherzi a parte.
Ci saranno dei cambi nel nostro consiglio di classe.
L'ora di arte, che l'anno scorso era un'ora di filosofia perchè costantemente tutti ripassavamo/studiavamo per il compito dell'ora successiva, sarà un'ora di arte vera. Dai racconti dei compagni più grandi infatti, abbiamo sentito che la prof che avremo non scherza affatto e fa fare verifiche e interroga costantemente; insomma, non come la santa donna che avevamo l'anno scorso che ci faceva fare gli approfondimenti su qualsiasi cosa ci interessasse. Da un estremo all'altro.
Cambiamo l'insegnante di latino e la prof di greco ci insegnerà entrambe le lingue. Qui la classe si divide: alcuni dicono che almeno prima una chiacchierata ogni tanto la si poteva fare, gli altri invece pensano che si lavorerà in un clima più sereno. Personalmente non so che clima sereno abbiano visto i miei compagni l'anno scorso... mi piace il metodo di lavoro della prof di greco: niente sotterfugi, tutto alla luce del sole, infinite parentesi culturali, certo. Ma ci son sempre quei due occhi quasi fuori dalle orbite che ti scrutano in una maniera impressionante; una così mi intimorisce un po', sinceramente.
E poi al posto della prof di matematica dell'anno scorso che è andata in pensione ne arriva un'altra, che dicono sia la migliore amica della prof di chimica. E qui tutti temiamo il peggio, perchè se è come la Fulvia allora siamo alla frutta. Dato che noi lo scorso anno di matematica abbiamo fatto molto poco e quel molto poco lo abbiamo fatto anche molto male noi ci aspettiamo una catastrofe, una marea di 4 che potrebbe fare di Venezia la mitica città di Atlantide: un mito sommerso per sempre.
Cambio di guardia anche per la cattedra di tedesco. Grati per tutto quel che ci ha insegnato siamo contenti di non aver più a che fare con un'incognita vivente. Quella prof arrivava in classe e non sapevi mai cosa aspettarti. Guai a chiederle "Prof, cosa facciamo?" perchè lei non rispondeva mai. Al limite spostava i banchi e allora capivi: compito a sorpresa. O chiudeva i libri: interrogazione a sorpresa. E quando diceva "Gehen wir ins Labor!" capivi e non avevi paura. Perchè non bisogna avere paura del laboratorio, ma di quello che ci potevi fare, in laboratorio: compiti di ascolto a sorpresa. Abbiamo vissuto così per tre anni e nonostante tutto siamo bravetti in tedesco (perfino io che alle medie ho studiato francese e per le lingue non sono proprio portata) siamo anche molto curiosi di vedere il faccino del/la nuovo/a Leher/in e la sua reazione quando gli/le diremo che l'altra non ci ha lasciato nulla da fare per l'estate.
Insomma, rimangono i fedelissimi: il prof di storiaefilosofia, la prof di italiano, ingliscticciar e la prof di scienze... è ancora domenica e io già temo le sue domande sbombardella che ti fan venire la cachessite acuta. Perchè va così... se ti piace una della sue materie, chimica o biologia, (io ad esempio penso che biologia sia affascinante), lei trova il modo per fartele odiare. Per carità, si vede che è interessata e spiega con passione ma io non posso vivere nel terrore di una domanda a bruciapelo e del conseguente voto, non posso brancolare nel buio quando ti chiedo un chiarimento perchè non ho capito cosa dice il libro e tu mi dici che è "una roba... mollami!" , una cosa poco importante. Non posso tradurre quello che spieghi in dialetto perchè poi io lo devo studiare in italiano. Spiegami, per favore; possibilmente con un linguaggio adatto al luogo in cui siamo.Insegnami come si fa, insegnami cos'è. Te lo chiedo perchè questa cosa mi interessa davvero, non per perdere tempo.
Al di là di questo.
Studiare rende liberi, ti permette davvero di vedere la bellezza di tutto quello che hai davanti perchè la cultura è un piacere personale. Ma cortesemente, insegnante che hai letto fino a qui, non incutere troppo terrore nei tuoi allievi. Incutine la giusta dose. Un po' va bene perchè altrimenti non studiamo, ma non eccedere, altrimenti odieremo la tua materia e studieremo solo per arrivare a 6 e non perchè ci interessa veramente. Insegnaci che è vero che nella vita non parleremo mai più di Socrate o degli isotopi dopo questa interrogazione, ma insegnaci anche che Socrate e gli isotopi ci permetteranno di capire un po'meglio il mondo che ci circonda; insegnaci la bellezza, la passione, l'impegno. Insegnacelo e credici anche tu.
E quindi. Studente svogliato, insegnate con la luna storta, primo della classe, professore pieno di buoni propositi, preside con mille impegni e bidella occupata nella lettura di Novella 2000: buon anno scolastico, con tutto il cuore.

11 settembre


...un ricordo... e la speranza che non succeda mai più.

Paris Montmatre

Ieri a prove con la banda abbiamo rispolverato una parte che mi piace moltissimo: Paris Montmatre. Si tratta di un insieme di canzoni francesi: Sous le ciel de Paris, Moulin rouge, La vie en rose, Les feulles mortes, C'est si bon. L'arrangiamento di Toshio Mashima che abbiamo è abbastanza semplice. Questo brano mi piace perchè mi porta con la mente a Parigi, città che sogno di visitare da quando alle elementari ho fatto una ricerchina sulla Francia. Davanti a me vedo la candida basilica del Sacro Cuore, la Tour Eiffel, i giardini di Lussemburgo, il Louvre, l'Ile del la cité... mete immancabili per ogni turista che si rispetti che visita Parigi. Ma nella mia fantasia trovano posto anche il mercato delle pulci, il profumo di una boulangerie, i carboncini dei rittrattisti lungo la Senna, la musica di una fisarmonica all'angolo di una strada, i cioccolatini in una pasticceria nascosta, le luci della notte, il traffico...
Si può avere nostalgia di qualcosa che non si ha mai provato? Forse sì... io ho nostalgia del tramonto che non ho ancora ammirato appoggiata al parapetto di pont Neuf... http://www.youtube.com/watch?v=xCyY_eGmpqA&feature=related

venerdì 10 settembre 2010

Come una farfalla...

Ecco uno stralcio dell'intervista di Lisa Genova (scrittrice, scienziata di grido della Harvad) tratta da "D", settimanale di Repubblica. Titolo del suo libro: "Perdersi" (edito Piemme), che ha scritto dopo l'esperienza di malattia della nonna "per capire cosa si prova esattamente con l'Alzheimer". Anche mio nonno ha avuto l'Alzheimer, quindi questo è un pensiero anche per lui, una richiesta di perdono per non aver capito davvero la sua sofferenza.

L'insegnamento più grande, da nipote più che da neuropsichiatra?
Ho imparato che noi siamo molto di più di quanto possiamo mai ricordare. [...] Ho imparato che spesso tendiamo a pensare: "Se mia nonna non può ricordare il nome di nessuno e non riconosce nessuno, neanche se stessa davanti allo specchio, se dimentica come si usa il bagno e perfino le parole, allora mia nonna non è più con noi". Non è così. Le ragioni per cui la mia famiglia l'ha amata sono scomparse forse per lei, ma non per i suoi familiari. [...] Sono certa che si sentisse amata anche quando è morta.
Quando perdiamo una persona cara dopo una lunga malattia, sembra che i nostri rimpianti crescano in modo direttamente proporzionale alla sua durata. Lei che rimpianti ha?
Il più grande rimpianto è quello di non aver imparato abbastanza sulla storia della nostra famiglia, prima che mia nonna non fossepiù in grado di raccontarla.
A parte la laurea ad Harvard cos'ha in comune con Alice, la protagonista del suo romanzo? Ha mai pensato di perdersi?
Comprendo perfettamente Alice nell'orgoglio per i successi intellettuali, nella tentazione di identificare la propria identità e il proprio valore in ciò che fa, più che nel tipo di persona che è. [...] Quando la malattia l'ha costretta a vivere in modo meno celebrale ed intellettuale, ha imparato a lasciarsi guidare dal cuore, più che dalla testa.
Anche la scienza oggi ha bisogno di più cuore?
Credo di sì. Prima che mia nonna si ammalasse, se qualcuno mi avesse chiesto di immaginarmi l'Alzheimer, avrei pensato ad una persona vecchia e sola in una casa di cura, morente e priva di memoria. [...] E' vero, l'Alzheimer è la morte. Ma che dire di quelli che ci convivono? Non abbiamo bisogno di immaginare le persone che vivono con la malattia, per arrenderci a essa. Perchè si tratta di persone che continuano ad avere bisogno del nostro amore.
Le malattie degenerative come l'Alzheimer sono in crescita e sono sempre più tema di film. Pensa che la ricerca stia facendo progressi più di carattere psicologico, divulgativo o farmacologico?
L'Alzheimer è in crescita per due motivi. Primo riusciamo a diagnosticarlo, mentre 30 anni fa lo chiamavano vecchiaia o arteriosclerosi. [...] Secondo, la durata della vita si è allungata. Quando si arrivava a malapena a 50 anni non c'era nemmeno il tempo per ammalarsi. Oggi gli scienziati sono in grado di comprendere le cause molecolari dell'Alzherimer e credo, spero, che arriveremo a trovare un trattamento farmacologico in grado di bloccare il progresso della malattia entro una decina d'anni. Molti test sono in ia di sperimentazione, ma dovremo aspettare ancora perchè siano efficaci e senza effetti collaterali.
Nonostante le difficoltà nel trovare un editore per il primo libro, visto il successo non avrà avuto problemi a trovarne uno per il secondo...
E' buffo. Non sono riuscita a trovare nessuno per un sacco di tempo. Perdersi me lo sono pubblicata da sola e tenevo copie nel bagagliaio della macchina. Ci è voluto un anno prima che Simon&Schunster ne acquistasse i diritti. E ha accettato di pubblicare il secondo, Left Neglected, dopo appena un mese, prima ancora di averlo letto.
Di che parla?
Di una donna alla fine dei suoi 30 anni che, come molte americane vuole ottenere una vita di successi multitasking: sul lavoro, a casa, in famiglia... Finchè un mattino, mentre si sta recando al lavoro in auto, una telefonata la distrae per un secondo di troppo. E in quel secondo tutte le voci della sua agenda iperogranizzata si arrestano: l'incidente le causa un trauma cranico che le lascia una bizzarra condizione chiamata "left neglected". A un tratto non capisce più il significato di "sinistra" e ogni lato sinistro di qualsiasi cosa per lei non esiste più. Nel periodo del ricovero deve imparare non solo a fare attenzione a tutto ciò che la sua mente vuole ignorare, ma anche ai veri desideri del suo cuore. E' una storia su quanto ignoriamo e tralasciamo in noi stessi, nelle nostre relazioni, nel mondo che ci circonda. E' una storia sull'imparare a vivere con maggiore semplicità prestando attenzione alle cose importanti.
In Perdersi lei usa spesso l'immagine della farfalla: come metafora di quale cambiamento?
In qualcosa che non dura. La maggior parte delle farfalle non vive più di una settimana, ma noi non pensiamo a loro come vittime di una tragedia. [...] Mi piace il simbolismo applicato all'Alzheimer: proprio perchè una vita si accorcia non significa che diventi tragica. E proprio perchè qualcuno con l'Alzheimer domani non potrà ricordare questo momento non significa che non sia mai esistito. O non abbia avuto importanza.

mercoledì 8 settembre 2010

Calore umano

A volte quello di cui abbiamo bisogno è solo un po' di calore umano. Va bene qualsiasi cosa... il sorriso della giornalaia quando le chiedi il Corriere, lo scambio di battute col vicino di casa, una risata al telefono con un'amica che non senti da tanto... cose così. Cose semplici che ti scaldano il cuore. Perchè spesso non chiediamo dichiarazioni d'amore eterno o promesse difficili da mantenere. L'importante è l'oggi, l'adesso, sotto questo aspetto. Non importa se domani non riuscirai a pensarmi o a mandarmi un messaggio. Basta che tu te ne ricordi ogni tanto, magari quando ascolti un po' di musica o vedi una calla. Se poi quando ci vediamo pensi che quello di cui ho bisogno è un abbraccio, allora fai pure. Un abbraccio non si nega. Ecco, qualche volta abbiamo bisogno di gesti d'affetto piccoli, semplici, genuini, autentici. Abbiamo bisogno del calore umano, del tepore così familiare per permetterci di continuare a camminare ancora. E se per caso non possiamo camminare mano nella mano, allora basta che tu sia lì accanto, amica mia: se avrò paura saprò dove trovarti.

martedì 7 settembre 2010

Tanto per essere chiari

No, parliamoci chiaro.
Se qualcosa non ti va bene è giusto che tu lo faccia presente; è giusto lamentarsene per trovare insieme delle soluzioni che possano mettere d'accordo tutti. Succede che all'interno di un gruppo, anche in un gruppo di volonariato, qualcosa vada storto, ci siano preferenze, egoismi... Non dovrebbero esserci, vero, ma siamo uomini e donne, non divinità. Perciò se ci sono comportamenti che ti offendono è giusto che tu lo faccia presente ai diretti interessati con le giuste maniere. Ripeto. Ai diretti interessati e con le giuste maniere. Il che significa non su un social network. Perchè sai com'è, rischi di offendere anche altre persone. E tu, mia cara, anzi, voi miei cari (perchè siete più d'uno) ci siete riusciti. E' stato triste leggere il vostro post in bacheca, sentirsi inseriti in quel "loro" non è stato affatto piacevole. E poi io non c'entro proprio niente. Quando cercavo di informarmi sul problema la vostra risposta è sempre stata: "sono cose vecchie, è un discorso ampio". Appunto, sono cose vecchie. E se foste coerenti con lo spirito di volontariato che tanto predicate, avreste chiuso la faccenda già da un bel pezzo, in nome di tutti quegli amici in carrozzina che ci guardano con occhi pieni di speranza, aspettando di ricevere da noi un goccio di affetto. Ve l'ho già detto più di qualche volta e domani quando ci incontriamo ve lo ripeterò. Mi siedo a tavola sia con voi che con il gruppo dei veterani, e non voglio, per questo, essere costretta a scegliere da che parte schierarmi, non è giusto. Se avete qualche problema con la dirigenza prendetevi due ore e andate in sede a discuterne. Forse sarà anche inutile perchè so che spesso i "grandi capi" sono irremovibili dalle loro posizioni. Ma questo non giustifica né voi né loro. Provate almeno a fare un tentativo e non limitatevi a criticare e basta. Anche perchè ai pranzi ci siete sempre e trovo un filino ipocrita il vostro comportamento: davanti, la bella faccina baci&abbracci e appena quello si gira, siete pronti a sparlare. Se avete un problema è giusto farlo presente, lamentarsi, a patto che questo porti qualche miglioramento. Oppure lamentatevi e levate le tende. Andate via, se non vi piace come si lavora. Ci sono sezioni dove il servizio è più piacevole? Benissimo; le porte, qui, sono aperte, sia per entrare sia per uscire.
Ma se decidete di restare, cortesemente, non criticate l'operato degli altri.
Grazie.

giovedì 2 settembre 2010

Egocentrismo, gelosia, mire troppo alte

Suonare con te, cara dottoressa, questa volta è stato diverso.
E so il motivo.
Tu mi hai dato in anteprima le parti che Carletto ci ha preparato per Natale.
E io ho la parte dei tenori.
Io.
Un flauto traverso che suona la parte dei tenori. Che per altro non abbiamo neanche.
Sai quanto si sentirà di quel che suonerò? Te lo dico subito: niente. Non si sentirà niente. Prova tu a suonare uno strumentino come il mio, con ben due violini, una tromba e l'organo che ti suonano sopra. Per non dimenticare i soprani, i contralti e bassi che, poveri, dovranno pur cantare, no? Non capisco questi cambiamenti; mi trovavo bene a seguire i contralti. Posso dire che li ho fatti crescere un po', li ho accompagnati nel gran mare pentagrammato dei brani natalizi e pasquali senza farli affogare. E adesso saranno seguiti da un violino.
Per non parlare della tromba. Già sono in pochi a cantare, la chiesetta dell'ospedale è piccola e per di più il trombettista fa parte della fanfara. Non è mica Pasqua! Copre tutti quanti, e se permetti il suo suono non si armonizza con i violini, con il tuo organo e con il mio flauto.
Quel che dovrò suonare si ridurrà a pochissime battute e allora mi chiedo perchè, musicalmente, suono ancora con questo coretto, perchè non vedo l'ora che comincino le prove. Mi sento un po' tradita, un po' messa da parte, ecco. Mi sembra che tanto lavoro, tanto entusiasmo, tanto impegno siano stati buttati all'aria da un direttore che sta calibrando la mira un po' troppo in alto senza rendersi conto delle effettive possibilità che ha.
Sto esagerando, Giuseppina, lo so, me lo dice il tuo sorriso da nonna che si fa sempre più dolce per calmare questi capricci.
E anche se quando ritorneremo ci saranno calorosi abbracci so che musicalmente non sarà più lo stesso. Perchè ci saranno altri strumenti ad andare in alto, a sostenere il suono dei miei contralti, ad aiutare i soprani a raggiungere il fa acuto. E io sotto, in ombra. A suonare per... per chi suono? Per nessuno. Sarò solo rumore. E da egocentrica quale sono permettimi di dire che sono un po' delusa da questo tipo di scelte.
La verità è che ho paura che questi cambiamenti possano stravolgere il rapporto che si è creato fra me e il resto del coro, fra me e te. Ho paura di entrare in chiesetta e non sentire più la voglia di suonare e di stare insieme. Ho paura che i nostri sguardi complici e le risate dietro i nostri rispettivi leggii siano solo un ricordo lontano. Ho paura che quei due violini prendano il mio posto nei vostri
cuori... Ho paura che i martedì non siano più i giorni, non tanto della bella musica o della musica di alta qualità, ma dello stare insieme semplicemente, cantando e suonando un po'. Ho paura che l'ora che passiamo insieme sia un peso aggiunto, un rospo da ingoiare, quando, almeno per quanto mi riguarda, fino ad ora è stata la mia oasi dal peso della scuola, della vita di ogni giorno.
Non ho paura di non essere all'altezza della mia parte, no... Tanto per quelle quattro padelle, cosa vuoi che sia? Ho paura di non reggere musicalmente il confronto con quei due violinisti. Ho paura, davvero, che loro siano più capaci di me a sostenere, a tenere il suono, a fare delle dinamiche e a non stonare.
E ti dirò, ho paura di non reggerlo neanche umanamente, il confronto. Ho paura che questi due vi strappino più sorrisi, più abbracci di me. Ho paura che si prendano il mio spazio, che vengano presto anche loro per provare un po' in pace come faccio io ora.
Sto esagerando, ma sono sincera.
Ma al di là di questo mi sforzo di vedere il lato positivo... Qual è il lato positivo? Non lo so, non lo vedo, non lo sento, non ho la voglia di pensarci.
Il fatto è che alla fine mi convincerà, tutto questo. Forse. Se questi violini non si prenderanno di più di quel che mi è stato portato via forse andremo d'accordo.
Ma mi voglio godere questa prova insieme. La chiesa vuota che si riempie della nostra melodia. Discorrendo di Marco Polo e Plutarco. Ridendo insieme di qualsiasi cosa.
Io e te.
Una forza della natura.
Io e te.
La strana coppia.
Tu, voi.
La mia medicina.
Che spero non diventi veleno.

martedì 31 agosto 2010

Fissando le mie scarpine

Ieri sera, al cinema, con le amiche. Totale: cinque persone compresa me. Sullo schermo: Shrek 3. Bel film, sia per i bimbi che per gli adulti, dato che ha sempre qualcosa da insegnare... "Tu hai tutto e l'unico che non se ne rende conto sei tu". Ecco. Tanto per chiarire.
Ma il discorso non è questo.
Intervallo.
Sedute alla mia sinistra due mie amiche che parlano tra loro fitto fitto di mamme e morosi.
Alla mia destra le altre due che parlano, anche loro, fitto fitto. Ma di ciclismo.
Io al centro. A parlare di niente. Sola. A fissare le mie ballerine bianche col fiocco, le gambe fasciate nei miei jeans preferiti.
Sullo schermo bianco, io creo il mio film.
Si vedono nonni, zii, genitori, amici, il mio flauto, il mio treno, il mio cane. C'è posto per tutti.
Ma sono amareggiata, sinceramente.
Perchè a sinistra si continua a parlare di morosi e a destra di ciclisti.
La parte del film in cui io mi arrabbio me la tengo per me. Tanto non importa.
E quando alla fine, arriva il momento dei saluti, mentre le due "coppie" si baciano e si abbracciano, io fisso sconsolata le mie scarpine.
Arriva anche il mio momento. Alla fine. Quando tutte hanno esaurito i loro abbracci tra loro e a me rimane solo una debole pacca sulla spalla. Ecco.
In macchina lo sguardo fisso fuori dal finestrino. Una lacrima scende. Non voglio voltarmi per nessun motivo.
Penso.
Penso al sole.
Torna un timido sorriso.

domenica 29 agosto 2010

La prima volta all'opera

Prendete una notte di fine estate, aggiungete qualche ora di corriera, una manciata di curiosità, due o tre stelle, un cucchiaio grande di folklore. Mescolate con forza, e mettete in forno tre ore a 20 gradi. Servite su un piatto caldo, abbondate con la musica sulla la torta e con un'ugola scriveteci sopra "Il trovatore".
Ecco. Questa è la ricetta della mia prima volta all'opera. Che è stata ieri, per la precisione. All'Arena, per essere ancora più dettagliati.
Non ero mai stata a Verona e devo dire che il poco che ho visto mi ha colpito parecchio. La piazza antistante l'Arena sembra molto a Prato della Valle di Padova, forse per la forma allungata e i palazzi che la circondano. Ho sorriso alla vista di qualche giovane gladiatore che per arrotondare un po' si faceva fotografare con i turisti... aveva un "che" di romano, questo. Perchè, lettore, non dimentichiamoci del fatto che l'Arena non è stata costruita per ospitare il Festivalbar o, appunto, "Il trovatore" e l'"Aida". Lì dentro si davano battaglia uomini e animali e alla fine, dalla tribuna d'onore, si decideva la morte di questo o quel gladiatore, cristiano o bestia. Pensare a questo mente salivo le scale per prendere posto mi ha impressionata, a dir la verità.
La compagnia con cui sono andata è esperta, in fatto di opera.In particolare il signor Attilio, che è più di vent'anni che passa i suoi fine settimana della stagione venendo qui. Attrezzato con ogni genere di cuscini, impermeabile in caso i pioggia, frutta, acqua... un vero intenditore. Con Patrizia ed Elisa, invece, ho commentato gli abiti delle signore che prendevano posto in platea. Credo che questa sia stata la parte più divertente del giorno.
Insomma, dopo un totale di più di tre ore di attesa, si sono abbassate le luci. L'Arena, dalla mia posizione sembrava un cielo stellato. Inutile dire che dell'opera ho capito solo che alla fine una donna muore, che ci sono degli zingari e... basta. Prima di assistere ad uno spettacolo del genere bisogna sapere la trama, conoscere i caratteri principali... peccato che l'ho scoperto a appena è iniziato il tutto. La mia attenzione, ovviamente, era tutta per l'orchestra e in particolare per il flautista che qualche volta s'è fatto sentire con dei sonori acuti. Quanto mi sarebbe piaciuto essere al suo posto, per una sera! Suonare in una grande orchestra, sotto il cielo, davanti a così tante persone... soprattutto suonare così bene, cavoli, quello sì che mi piacerebbe. La parte che mi è piaciuta di più è stata il ballo degli zingari all'inizio. Un po' per i colori degli abiti, le danze, e un po' anche perchè ho suonato anch'io con la mia banda "il coro dei gitani" mi ha emozionata parecchio. Scenografie meravigliose, abiti stupendi, musica da brivido. Un altro momento che mi ha colpita è stato quando una parte della scena (una torre) si è aperta in due, lasciando ammirare all'interno la veduta di una cattedrale. A quel punto sono comparse dei figuranti con ungrande cero acceso in mano. Io sono rimasta a bocca aperta.
E' stata una gran bella esperienza, questo sì. Magari da rifare l'estate prossima, sempre all'Arena. Ecco, un ultimo ricordo d'estate: la prima volta all'opera.

venerdì 27 agosto 2010

Care Velone...

Care Giulia, Maria, Lina, Attilia, Raffaela; in una parola: Velone carissime,
come state?
Io sto bene, fra poco comincia la scuola e piano piano riprendo i libri di latino e greco in mano pensando a quella bella settimana vissuta insieme...
E' stato bello rimettere il basco in testa, riprendere il treno pronta per vivere una nuova avventura. E sono felice del fatto che voi siate state una parte importante di questa mia avventura. Il mio servizio in refettorio è stato più piacevole perchè sapevo che al mio tavolo c'eravate voi. Siete riuscite a strapparmi qualche sorriso, con qualche battuta e con qualche complimento, mi avete regalato un pezzetto, piccolo ma prezioso, delle vostre vite e del vostro mondo. Ho ritrovato nel vostro gruppetto un clima familiare che mi ha dato modo di raccontarvi qualcosa di me e della mia giornata. Voi siete state linfa vitale per il mio lavoro, linfa, questa, che mi ha permesso di andare avanti e indietro infinite volte in cucina.
Per tutto questo: grazie grazie grazie.
Cosa vi ha lasciato Lourdes?
A me ha dato nuove conoscenze, nuovi "zii" adottivi, consapevolezza di quel che riesco a fare, voglia di sperare di vedere i miei desideri avverarsi, tanti bei ricordi su cui tornare con la mente quando sarò giù di morale. Insomma: nuova forza per affrontare un altro intenso anno.
La mia settimana è andata bene, nonostante tutto. Nonostante il mal di gambe, i turni, il lavoro, le taniche da riempire ogni giorno, nonostante qualche collega poco gentile. E'andata bene perchè non ho avuto paura di piangere sulla spalla di una signora dolcissima, perchè ho incontrato voi, perchè non ho pensato alle difficoltà che ho a casa, perchè per quanto mi riguarda Lourdes è il posto più bello del mondo.
"Non ti annoi mai ad andare sempre a Lourdes?" , mi sento chiedere spesso. In realtà mi annoio di più a rispondere che no, anzi, torno volentieri ogni volta.
Voi avete visto quello che c'è. Racontatelo, per quanto possibile, ai vostri cari. Perchè so che non ci sono parole per descrivere gli incontri, il silenzio della Grotta, il clima di amicizia. Dite loro che Lourdes non è solo l' "Ave Maria" recitata davanti alla Grotta. Lourdes è salire sul treno, è rendersi conto della propria fortuna davanti a casi drammatici, è sapere di non essere soli, è l'abbraccio, il sorriso di coloro che incontri. Lourdes è sentirsi un po' a casa.
Velone mie, ricordatevi di me, ogni tanto, quando andate al ristorante e vedete una giovane cameriera.
Penserò a voi nei giorni di pioggia di quest'anno: sarete il sole nella tempesta, porterete il sereno nel cuore.
Concludo così.
Un sorriso e un abbraccio,

con affetto,

LaFlautista

giovedì 26 agosto 2010

Madre Teresa

Cent'anni fa nasceva Madre Teresa di Calcutta.
Una donnina piccola, dal cuore enorme. Povera, ma ricca d'amore.

Il giorno più bello? Oggi
L'ostacolo più grande? La paura
La cosa più facile? Sbagliarsi

L'errore più grande? Rinunciare
La radice di tutti i mali? L'egoismo
La distrazione migliore? Il lavoro
La sconfitta peggiore? Lo scoraggiamento
I migliori professionisti? I bambini
Il primo bisogno? Comunicare
La felicità più grande? Essere utili agli altri
Il mistero più grande? La morte
Il difetto peggiore? Il malumore
La persona più pericolosa? Quella che mente
Il sentimento più brutto? Il rancore
Il regalo più bello? Il perdono
Quello più indispensabile? La famiglia
La rotta migliore? La via giusta
La sensazione più piacevole? La pace interiore
L'accoglienza migliore? Il sorriso
La miglior medicina? L'ottimismo
La soddisfazione più grande? Il dovere compiuto
La forza più grande? La fede
La cosa più bella del mondo? L'amore.


Madre Teresa

lunedì 23 agosto 2010

Maestra maestra...

Dopo diversi anni, oggi, ho incontrato al mercato la mia maestra di matematica delle elementari. Un salto indietro nel tempo, nell'epoca dei primi temini, delle prime operazioni, dei giochi, delle prime scoperte, delle ricerche sugli Stati... La mia maestra non è cambiata per niente: è sempre una bella signora, sembra che il tempo, su di lei, non abbia agito. Invece io sono diventata grande, sono cresciuta... Quando le ho detto che frequento il liceo classico lei mi ha detto che "non avrei potuto scegliere altrimenti"; le ho parlato degli ultimi anni che lei si è persa, dei miei compagni, della scuola, della mia famiglia. E lei mi ha detto che adesso è una maestra unica, che ha preso i bimbi di prima, quest'anno, e tutti hanno imparato a leggere. Io non riesco ad immaginarla mentre insegna storia o italiano... per me lei è la Maestra di Matematica, che entra il classe e inizia a scrivere operazioni con il gesso colorato. E poi mi ha raccontato che adesso un suo alunno è il fratello di un mio ex compagno di classe, Daniel. E mi ha detto anche che questo bambino è ben più terribile di Daniel Il Terribile. Il che è grave. Basti pensare che Daniel una volta ha buttato dentro lo zaino di una mia compgna una lucertola viva.
Quelli sono i miei "bei tempi"...
Maestra, maestra... quanti anni sono passati dall'esame di quinta elementare, dalla "settimana del successo", dalle gite al parco!
Maestra, maestra... che bella che eri quando entravi in classe e ci sorridevi, quando ci prendevi per mano per attraversare la strada, quando mettevi la tua mano sopra la nostra per aiutarci a scivere l'8.
Maestra maestra... che donna dolce che eri e che sei, con i tuoi occhi color acquamarina, il giro di perle, la borsa rossa e le scarpe col tacco.
Maestra maestra... se un giorno sarò una maestra voglio essere come te; voglio prendere per mano i miei studenti, con dolcezza e fermezza, voglio parlare con interesse di quello che spiego, voglio essere sorridente sempre, voglio sapermi commuovere quando ricevo un fiore, una poesia o una letterina, voglio lasciarli andare quando arriva il momento, restando ferma a salutarli con la mano fino a che non spariscono nella strada, voglio ricordarmi di loro, come tu hai fatto con me.
Maestra maestra... adesso riposa al sicuro tra le pieghe del mio cuore, lontano dai brutti ricordi...

sabato 21 agosto 2010

Lacrime sulla carta

Mi piace scrivere lettere. Scegliere la carta (o crearla da me con colori e trame particolari), scegliere la penna del giusto blu, sistemarmi sulla scrivania e lasciare la mano e la mente libere di esprimersi.
Ho scoperto questo piacere in seconda media, da un suggerimento della mia insegnante di italiano che, un po' per questioni didattiche, un po' per farci comunicare tra di noi, un giorno ci ha inviato una lettera alla quale dovevamo dare risposta. Questo rapporto epistolare tra me e lei è andato avanti un anno. Dentro le buste pensieri d'ogni tipo: legati al mondo della scuola ma anche a quello della musica, del quotidiano, delle aspettative per il futuro. Sono cresciuta.
E da lì è partito tutto.
Ho due "pen-friends" in Grecia (una ad Atene, l'altra a Salonicco), ho scritto a parenti in Australia, ho scritto a delle signore che erano nel mio tavolo in refettorio l'anno scorso, ho scritto a zia Lisa quest'anno a Lourdes, ho scritto e continuo a scrivere ad una amica che abita negli Stati Uniti, senza contare le e-mail che spedisco un po' qua e un po' là.
Ma a tutti sembra che quel che scrivo faccia lo stesso effetto: lacrime. Lacrime sulla carta. La gente si emoziona. E devo dire la verità, mi fa piacere. Mi rende felice. Perchè vuol dire che sono arrivata là dove volevo arrivare, sono riuscita a toccare le corde dell'emozione del mio destinatario. A volte, anzi, spesso, la scrittura mi permette di essere più sincera, diretta. Mi lascia parlare senza essere interrotta, mi lascia il piacere di dilungarmi in metafore che nel parlato non potrei utilizzare. Posso scegliere le parole con cura, sistemare la punteggiatura. Non lasciare niente al caso.
Scrivi, caro lettore, una lettera a qualcuno. Prenditi tutto il tempo che vuoi per dire qualsiasi cosa: per toglierti un sassolino dalla scarpa, per scusarti, per raccontare un pezzetto della tua vita o per dire a qualcuno quanto gli vuoi bene.
Scrivi quello che vuoi, ma fallo.
Perchè se leggere è il cibo della mente, scrivere è il cibo del cuore.

venerdì 20 agosto 2010

Storie di cuori

Tutto è cominciato nell'estate di due anni fa. Ero in vacanza in un paesetto della provincia di Ravenna e passeggiando mi sono accorta di una foglia a forma di cuore. In quei giorni, mio nonno era ricoverato in ospedale per un'operazione che poi è andata a buon fine.

Nel dicembre dello stesso anno, nonno, gravemente malato, è morto. Non ho sentito subito la sua mancanza, un po' perchè non lo vedevo sempre e un po' perchè ormai mi ero rassegnata del fatto che non sarebbe vissuto a lungo.

A febbraio dell'anno successivo invece, il dolore si è fatto sentire sempre di più. Mi mancava davvero andare a trovarlo, disegnare insieme a lui. Un giorno, andando a scuola, preoccupata per una verifica che avrei dovuto fare la prima ora, ho guardato il cielo e ho chiesto al nonno un po' di aiuto, per quanto possibile, da lassù. Subito ho notato nel marciapiede una pozzanghera a forma di cuore. Dopo il compito una mia compagna di classe, bevendo una cioccolata calda, neha versato a terra il contenuto e la macchia che si è formata aveva le sembianze di un cuore. Il compito era andato bene.

Da quel giorno ho cominciato a vedere cuori un po' ovunque: nelle patate, nelle nuvole, negli scontrini, nel marmo... Quando penso al nonno o quando sono un po'giù di morale vedo un cuore. Voglio pensare che sia lui a mandarmi questi cuori, per darmi, ancora una volta, il suo sostegno, il suo aiuto, il suo amore.